CAP. 1 - L’ORDINAMENTO GIURIDICO E IL DIRITTO
COSTITUZIONALE
1. LE REGOLE DEL DIRITTO
Come si usa dire con una locuzione latina “ubi societas ibi ius”. In altre parole: qualunque organizzazione sociale costituisce un ordinamento giuridico”. Le regole costituiscono il diritto di una determinata organizzazione: un ordinamento giuridico.
Il diritto utilizza un linguaggio chiamato linguaggio prescrittivo, poiché esso attiene alla sfera del “dover essere”; questo si differenzia dal mondo dell’”essere” (quello descrittivo o espressivo proprio dell’arte). Il diritto attiene alla prescrizione di certe regole, non alla loro descrizione. Bisogna tener ben distinti l’essere e il dover essere, problema che ha affrontate il filosofo scozzese David Hume: la sfera dell’essere non deve essere sovrapposta a quella del dover essere. All’ambito del dover essere appartengono anche leggi morali, religiose, etiche, di costume
Nasce, così, la necessità di trovare la distinzione del diritto dal comando religioso e dal comando morale. Nel “diritto arcaico”, diritto e religione erano sovrapposte (c’era l’idea che le regole fossero da scoprire più che da creare). La separazione tra ambito giuridico e religioso viene fatta risalire alla lex Hortensia del 287 a.C. che conferiva forza di legge ai plebisciti. Ma in realtà il cordone ombelicale che univa credenze e diritto non si è mai rotto del tutto. Anche in epoca contemporanea non sempre si mantiene la distinzione: in alcuni paesi islamici, ad esempio, alle descrizioni del Corano sono legge dello stato. Tra gli stati europei essa è ancora presente solo nella Città del Vaticano.
Nei moderni ordinamenti le regole giuridiche si distinguono, non tanto per la loro provenienza o per il loro contenuto, ma perché sono inerenti a una certa organizzazione sociale e sono finalizzate alla sua sopravvivenza e al suo sviluppo. Mentre le regole etiche o precetti religiosi sono volti a perseguire la perfezione individuale o la salvezza dell’anima, le regole giuridiche regolano direttamente rapporti fra soggetti di un’organizzazione sociale, definiscono i confini dei rispettivi interessi, individuano e tutelano beni e valori a esse comuni. In breve assicurano la vita normale (da norma, “squadra” in latino) di quella organizzazione. Le regole giuridiche non riguardano le vere intenzioni del soggetto agente, ma servono a regolare le azioni rilevanti per la vita di una specifica organizzazione sociale. Perciò mentre le regole non giuridiche impongono solo dei doveri, le regole giuridiche, accanto ai doveri, tutelano i diritti dei consociati.
Siamo in presenza di norme giuridiche allorché si instaura un rapporto tra due o più soggetti, che sulla base di una regola in comune (il diritto oggettivo) imposta da altri (eteronoma) o posta dalle parti (autonoma), da luogo a vincoli reciproci.
Viene fatta distinzione tra situazioni giuridiche favorevoli o di vantaggio (diritti in senso soggettivo) e situazioni giuridiche non favorevoli o di svantaggio (doveri o obblighi).
- “Rapporto giuridico”: sono norme giuridiche che disciplinano il rapporto tra due o più persone.
Ne deriva che il diritto non è monopolio di alcuna organizzazione, ma inerisce qualunque organizzazione: questa è la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici.
Il diritto costituzionale si occupa del diritto dello stato: dunque, dell’ordinamento della più complessa fra le organizzazioni giuridiche, una comunità caratterizzata dalla politicità.
Le espressioni diritto trae origine dal participio passato delle primo latino dirigere (directus) a sua volta tratto dall’etimo indoeuropea “rag (a cui si allacciano altre espressioni latine come rex, regio); a sua volta ius, da cui espressioni quali giurisprudenza o giustizia, deriva dall’etimo latino gli iungere (legare) e richiama il concetto di legare, espresso anche dal verbo ligare dal quale proviene l’etimo lex.
2. COSA È UN ORDINAMENTO GIURIDICO
Qual è il rapporto tra il diritto e l’organizzazione sociale?
- Secondo i fautori delle teorie normativiste (che si possono ricondurre al giurista austriaco Kelsen), l’ordinamento è costituito dal complesso delle norme vigenti in un determinato spazio territoriale, visto come un qualcosa in sé, isolato dalla società e da studiarsi secondo regole proprie (“dottrina pura del diritto”).
- Secondo i fautori delle teorie istituzionaliste (che si possono ricondurre ai costituzionalisti Santi Romano, in Italia, e Maurice Hauriou, in Francia), un ordinamento non è solo un complesso di prescrizioni normative: è il complesso delle norme che scaturiscono da una terminata organizzazione sociale. Vale a dire: le norme sono il prodotto di fatti normativi intervenuti in un certo momento della storia.
Quest’affermazione è difficilmente contestabile se si pensa ai paesi anglosassoni di common law. Sono paesi nei quali dalla regolarità dei comportamenti prevalenti, accertati e verificati dalla corti di giustizia, scaturisce la gran parte delle norme. Ma essa è valida anche per altri ordinamenti nei quali invece è prevalente il peso delle norme scritte (paesi di civil law). Dunque si distingue tra:
- Ordinamenti di common law (diritto comune, consuetudinario): il diritto si consolida sulla base di consuetudini antiche, è un diritto giurisprudenziale. Il diritto scritto ha invece un ruolo marginale. Il common law ha tradizione anglosassone (Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa). Le leggi si consolidano in un arco di tempo molto lungo ed è costituito da precedenti che fungono da esempi.
- Ordinamenti di civil law (diritto scritto, codificato): il diritto si consolida sulla base di leggi scritte. Il diritto consuetudinario ha un ruolo marginale. La civil law ha una tradizione prettamente romanista (Spagna, Italia, Francia, Germania, Austria).
Un esempio di come fatti normativi possano produrre norme in ambito costituzionalista è la Costituzione Italiana. La Costituzione italiana entra in vigore il 1° gennaio del 1948 (norma) ma dietro vi è un lungo processo, costellato di tappe, in cui maturano fondamentali eventi politici, o fatti normativi (caduta del regime fascista, la Resistenza, la ricostituzione dei partiti politici, la scelta della Repubblica ecc).
Sia per i normativisti che per gli istituzionalisti il diritto è ordinamento giuridico, ossia insieme di norme, quindi un fenomeno plurale: esiste una pluralità di norme che vanno incontro a contrasti tra ordinamenti e organizzazione di elementi di una società. Secondo le teorie normativiste una società ha un ordinamento; secondo le teorie istituzionaliste, una società è un ordinamento. L’importanza dell’impostazione normativista sta nel fatto che su di essa si fonda l’autonomia del diritto rispetto agli altri fenomeni sociali. Le scienze giuridiche si dovrebbero basare sul diritto positivo, posto su prescrizioni normative riconosciute valide nell’ordinamento giuridico considerato.
- “Ordinamento giuridico”: l’insieme di più elementi (prescrizioni, consuetudini, fatti normativi) accomunati dal fatto di essere tutti espressione di una determinata organizzazione sociale e coordinati tra loro secondo criteri sistematici.
3. OGNI ORDINAMENTO È UN SISTEMA
Un ordinamento è un sistema se, come presupposto, è unitario (ha un principio fondamentale che ne assicura l’unità), necessariamente coerente (non ammette contraddizioni tra norme) e completo (non ammette lacune o vuoti normativi).
L’essere sistema dell’ordinamento è il prodotto sia di consapevole volontà del legislatore sia dell’attività degli interpreti. Un sistema per essere tale è ordinato attorno a un progetto, che può essere razionalmente posto (sistemi ideali) o insito nel sistema stesso (sistemi reali).
L’interprete del diritto deve presupporre che il diritto costituisce un sistema, così contribuendo a far si che lo divenga effettivamente. Un ordinamento non è una mera sommatoria di prescrizioni giuridiche: la varie norme e i vari settori del diritto non sono solo parti di un tutto, ma un insieme di elementi coordinati con la funzioni degli altri. È per questa che, accanto all’interpretazione letterale delle disposizioni giuridiche, infatti, si accosta un’interpretazione logico-sistematica che guarda, appunto, alla connessione tra gli enunciati, le proposizioni normative e come esse si inseriscano nel sistema.
La dottrina moderna del diritto esegue una distinzione tra disposizione (enunciato linguistico) e norma (ciò che io traggo, come mia interpretazione, della disposizione giuridica): è possibile che dalla medesima disposizione, due interpreti traggano due diverse interpretazioni e quindi due diverse norme. Le disposizioni sono mere formulazioni linguistiche, potenzialmente suscettibili di diverse interpretazioni. Le norme sono il risultato dell’interpretazione, operata sulla base di più criteri (letterale, logico-sistematico e storico-comparativo).
- FOCUS 1.1: Sulla distinzione fra disposizione e norma
La disposizione è data da un testo scritto le cui più piccole componenti autonome si chiamano enunciati. La norma è desumibile dalla disposizione e si può tradurre in: comandi, divieti, permessi, definizioni o meta-norme (regole per la produzione di altre norme). Da una medesima disposizione si possono trarre norme tra loro compatibili o non compatibili. Possono anche aversi:
- disposizioni senza norme: comunque interpretate non esprimono alcun precetto (es: la legge che approva il bilancio consultivo è un esempio di una disposizione senza norme, tanto che viene considerato come un atto di controllo più che una vera e propria disposizione);
- norme senza disposizioni: (come le norme consuetudinarie) tratte dall’interprete attraverso un processo di astrazione dai comportamenti effettivi del corpo sociale, e i principi, tratti dall’interprete attraverso un processo di astrazione del materiale normativo vigente;
- norme frutto di più disposizioni o di più frammenti di disposizioni, allorché queste ultime concorrono a integrarsi tra loro (es: l’art. 48 Cost. decreta che possono votare tutti i cittadini che hanno raggiunto la maggiore età; tuttavia questa disposizione è incompleta. Dobbiamo allora ricorrere all’art. 2 del Codice Civile che stabilisce che la maggiore età si raggiunge con il compimento del diciottesimo anno);
- norme frutto di più disposizioni che si ripetono con lo stesso contenuto normativo in vari testi legislativi, per cui da più disposizioni si trae una sola norma.
4. LA COSTITUZIONE E L’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE
Alla base dell’ordinamento, affinché il sistema sia unitario, coerente e completo, vi è un progetto costituente che si può ritrovare consacrato in atti costitutivi, statuti, tavole di fondazione e altri documenti consimili; per l’ordinamento statale si parla per lo più di Costituzione. Una Costituzione può essere non scritta o scritta, se scritta può essere:
- una Costituzione rigida: resiste alle eventuali modifiche con legge ordinaria, può essere modificata solo con un procedimento di revisione legislativo aggravato;
- una Costituzione flessibile: si pone al pari della legge ordinaria.
Le costituzioni oltre che rigide o flessibili possono anche essere scritte o non scritte. Gli ordinamenti della common law non sono stati codificati in Costituzioni scritte ma sono reperibili in documentazione scritta che si è evoluta nel corso degli anni.
La Costituzione Americana del 1787 e la Costituzione Francese del 1791 nascono per effetto del movimento costituzionalista che aveva avuto inizio proprio alla fine del XVIII secolo: mentre le prime costituzioni venivano ottriate (concesse) dal re, spesso flessibili; quelle attuali sono quasi tutte rigide, scritte e di origine rappresentativa.
Il concetto di costituzionalismo quindi nasce collegato a realtà liberali: tuttavia vedremo che possono esserci ordinamenti statali che a quel costituzionalismo non si ispirano, ma i quali, anch’essi, esprimono un progetto costituente fondato su principi, norme relative all’organizzazione dei pubblici poteri e procedure per produrre norme. Non esiste quindi un solo tipo di costituzionalismo e di costituzioni.
Inoltre, anche se la forma scritta è quella ad oggi prevalente, in paesi come il Regno Unito leggi costituzionali in senso formale non esistono: esistono però norme costituzionali non scritte che danno una precisa identità all’ordinamento britannico. Dunque traiamo una seconda conclusione: tutti gli ordinamenti statali, anche quelli che non dispongono di una costituzione, possiedono un nucleo di norme che costituiscono l’ordinamento costituzionale di quel paese.
- “Ordinamento costituzionale”: il complesso delle norme fondamentali, scritte e non scritte, che danno forma all’ordinamento giuridico rappresentandone il codice genetico che ne determina l’identità dell’ordinamento stesso, vale a dire il suo ordine costituzionale.
Infatti, se è vero che non tutti i paesi hanno una costituzioni scritta e che non tutti i paesi hanno una ordinamenti costituzionali liberaldemocratici, è altresì vero che.
- la costituzione come documento non esaurisce tutto ciò che attiene agli elementi di fondo di un ordinamento (non sono comprese le leggi costituzionali, consuetudini costituzionali, norme materialmente costituzionali, disposizioni delle preleggi anteposte al codice civile, leggi elettorali);
- al contrario, la costituzione contiene disposizioni che disciplinano aspetti che difficilmente potrebbero essere considerati tali da caratterizzare l’ordinamento. In altri termini, ci sono norme formalmente costituzionali la cui eventuale abrogazione o modifica non eliminerebbe alcun pilastro dell’ordine costituzionale.
- la costituzione può contenere norme non più effettivamente vigenti (esempio eclatante fu quello delle leggi fasciste che avevano tolto tutti i poteri allo Statuto albertino che comunque era rimasto in vigore; ciò che è successo è spiegabile poiché lo Statuto albertino era una costituzione flessibile, differentemente dalla Costituzione italiana attuale che è rigida).
L’ordinamento costituzionale di un paese non s’identifica con le sole norme formalmente costituzionali, e viceversa, le norme di una costituzione non esauriscono i contenuti di un ordinamento costituzionale. Si parla di revisione totale della costituzione quando avviene l’intera sostituzione del testo costituzionale: essa può avvenire comunque sneza alcun mutamento dell’ordinamento costituzionale.
La distinzione tra norme costituzionali il cui contenuto conferisce identità all’ordinamento e norme costituzionali che non hanno la medesima funzione, fa emergere la distinzione tra organi costituzionali e organi di rilevanza costituzionale: i primi (Parlamento, Presidente della Repubblica, Governo, Corte Costituzionale) concorrono a delineare il volto stesso del nostro ordinamento costituzionale; i secondi non possono dirsi necessari (es. il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro).
Il concetto di ordinamento costituzionale risponda a fini pratici. Aiuta a:
- meglio interpretare le norme costituzionali vigenti alla luce delle trasformazioni sociali intervenute;
- individuare i limiti al potere di revisione costituzionale: essendo il potere di revisione non un potere costituente, ma un potere costituito (cioè previsto e disciplinato dalla costituzione stessa), esso non può contraddire le basi stesse della propria legittimazione, contenute nel nucleo dell’ordinamento;
- stabilire se una carta costituzionale è in vigore oppure no: se il divario tra l’ordinamento costituzionale e il documento costituzionale è eccessivo, si deve dubitare che il secondo sia ancora in vigore.
Compito dei costituzionalisti non è solo di analizzare le disposizioni contenuto in un documento costituzionale (ricostruzione di ciò che il testo prescrive, valutazione del sollen, il “dover essere”), ma anche analizzare l’effettiva vigenza delle varie parti del testo costituzionale (accertamento empirico delle norme effettivamente vigenti, valutazione del sein, l’essere).
Un altro aspetto delicato è quello di stabilire la distinzione tra una vera e propria desuetudine (consuetudine abrogatrice) e una prolungata violazione delle disposizioni costituzionali.
- FOCUS 1.2: Gli organi costituzionali
Negli ordinamenti liberaldemocratici i poteri sovrani si distribuiscono fra più organi e soggetti: in primo luogo il corpo elettorale, poi gli organi di vertice dello stato, quelli che si chiamo organi costituzionali (o organi sovrani, avendo ereditato gli attribuiti di sovranità del monarca). Nell’ordinamento italiano sono organi costituzionali: la Camera dei deputati, il Senato della Repubblica, il governo, la Corte costituzionale. Fra i soggetti attraverso i quali si esprime la sovranità popolare, accanto agli organi costituzionali, vanno annoverate le autonomie territoriali. Ci sono poi i cosiddetti organi di rilevanza costituzionali, ovvero che sono previsti dalla Costituzioni ma non sono indefettibili (Consiglio supremo di difesa, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, Corte di cassazione, Consiglio di stato, Corte dei consti).
Gli organi costituzionali, pur svolgendo funzioni diverse tra loro, sono accomunati da alcune caratteristiche:
- trovano la loro disciplina direttamente nella Costituzione;
- sono coessenziali, per cui modificando sensibilmente i loro poteri e le loro relazioni si andrebbe al di là di una legittima revisione, fino a determinare un mutamento costituzionale;
- sono collocati al centro di una rete di controlli reciproci e reciproche influenze, i controlli costituzionali.
- hanno una podestà di autoregolamentazione interna;
- operano essi stessi la verifica dei poteri, cioè dei loro componenti;
- esercitano la autodichia, spettando agli stessi la risoluzione delle controversi con i propri dipendenti e fornitori;
- i loro titolari godono di prerogative, poste a garanzia dell’autonomia dei rispettivi organi, che possono sottrarli alle regole di diritto comune.
- L’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE FRA NORMATIVISMO E ISTITUZIONALISMO
Secondo i normativisti la costituzione coincide con il contenuto del “documento costituzionale”, posto al vertice del sistema delle fonti del diritto, formalmente identificabile come tale. Vedono nel diritto un sistema di tipo piramidale che al vertice ha una norma suprema, presupposta ma non posta. Per Kelsen, e quindi per qualsiasi normativista, la costituzione è il documento costituzionale. La costruzione kelseniana viene criticata dagli istituzionalisti poiché tautologica: essa infatti trascurerebbe il fatto che qualsiasi fonte del diritto è già essa stessa regolata dal diritto. Una forza ordinante è tale perché è essa stessa ordinata, cioè organizza. Per gli istituzionalisti, o meglio per Carl Schmitt (decisionista) con cui discute negli anni ’20 e ’30, la Costituzione è intesa come la decisione politica fondamentale di un popolo intorno alla forma e alla qualità della sua unità. La vera costituzione non è il testo ma è la decisione fondamentale con cui il potere costituente determina, attorno a determinati valori e interessi, la forma dell’unità politica di un ordinamento.
Sono due interpretazioni radicalmente diverse. Kelsen per via della sua ottica formula l’esistenza, all’interno di un ordinamento costituzionale, della Corte costituzionale, formata da giudici con il compito di far rispettare la Costituzione. Per Schmitt, osservando la Costituzione di Weimar, è giusto che il “custode” della Costituzione tedesca, intesa come decisione politica fondamentale di un popolo e non come documento, sia il Presidente della Repubblica che ha poteri speciali quando il documento costituzionale non riesce a tutelare.
Il costituzionalista Costantino Mortati deve molto alla concezione schmittiana: opera la distinzione fra costituzione in senso materiale (i fini e i vari su cui convergono le forze politiche prelevanti) e costituzione in senso formale (è il precipitato della costituzione in senso materiale). La costituzione materiale è ciò che sostiene l’intero ordinamento.
La teoria della costituzione materiale può però trarre in inganno, perché è suscettibile di essere usata, com’è in effetti accaduto spesso, per contrapporre alla costituzione considera come una “costituzione di carta” una presunta costituzione effettivamente vigente, conducendo alla svalutazione della prima.
È dunque preferibile mettere da parte la contrapposizione costituzione materiale/formale, limitandosi invece a distinguere, fra costituzione e ordinamento costituzionale: la prima è la carta costituzionale entrata in vigore il 1° gennaio del 1948; il secondo è il complesso dei principi e delle norme (formalmente e materialmente) costituzionali, anche consuetudinarie, legati insieme da un progetto costituente che li percorre dando loro senso e capacità espansiva.
Il diritto costituzionale costituisce perciò il nucleo dell’ordinamento, il tronco da cui si dipartono tutti gli altri rami dell’ordinamento giuridico (Santi Romano).
6. DIRITTO PUBBLICO E DIRITTO PRIVATO
Il diritto costituzione è lo studio dell’evoluzione della Costituzione italiana come diritto legato allo stato. L’ordinamento giuridico si divide in diritto privato (rapporti tra privati cittadini) e diritto pubblico (rapporti tra privati cittadini e le istituzioni sovrane statali). Nei rapporti tra privati tuttavia lo stato non è completamente assente poiché si preoccupa che tra i soggetti privati esista una certa parità e che la loro attività non contrasti con l’interesse generale. Ciò che fa spostare l’ambito di diritto privato o pubblico è il grado di immediatezza del collegamento con l’interesse generale (ecco perché non c’è un netto limite tra diritto privato e pubblico). Il confine è comunque mobile: fino agli inizi degli anni ‘70 del Novecento la tendenza era quella di dare sempre più spazio agli interventi statali, ma successivamente con fenomeni come privatizzazioni e liberalizzazioni, hanno ridotto in piccola misura il campo del diritto pubblico.
Si considerano parte del diritto pubblico: diritto costituzionale (il cuore), diritto parlamentare, diritto regionale e diritto degli enti locali, diritto amministrativo, diritto tributario, diritto ecclesiastico, diritto penale, diritto processuale civile e diritto processuale penale, diritto internazionale, diritto dell’Unione Europea, diritto del lavoro e diritto dell’economia.
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