CAP. 15 - LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
- LE AMMINISTRAZIONI FRA DIRITTO COMUNE E DIRITTO AMMINISTRATIVO
In ogni ordinamento moderno sono previste strutture formate da pubblici impiegati con specifiche competenze professionali, il cui compito è quello di:
- coadiuvare le istituzioni politiche, statali, regionali o locali, nell’azioni di governo;
- curare specifici interessi pubblici dando attuazione all0‘indirizzo politico espresso dagli organi di governo, statali, regionali o locali;
- produrre beni o servizi a favore delle collettività amministrate.
In tutti e tre i casi tali strutture svolgono attività amministrativa. L’attività amministrativa (legis executio) si distingue dall’attività normativa (legis latio) in questo: la prima consiste nel provvedere con atti specifici alla cura di determinati interessi pubblici, mentre la seconda, sia primaria che secondaria, consiste nel prevedere casi e situazioni cui applicare norme generali e astratte. Mentre l’atto amministrativo si esaurisce, di norma, nel momento della sua esecuzione, l’atto normativo è invece suscettibile di un indefinita applicabilità. L’attività amministrativa si distingue anche dall’attività giurisdizionale perché interviene a prescindere dal verificarsi di una controversia, in posizione di “imparzialità”, ma senza porti al parti del giudice, come “terzo”. Spesso però non è facile distinguere tra attività normative e attività amministrativa e tra attività amministrativa e attività giurisdizionale.
Nell’esercizio di queste attività tali struttura (le pubbliche amministrazioni) opera come autorità amministrative o come soggetti erogatori di servizi pubblici. Agiscono come autorità (ad es. espropriando un’area edificabile) o agiscono come soggetto erogatore di servizi (ad es. un asilo nido).
Nel primo caso le pubbliche amministrazioni operano in posizione di supremazia, utilizzando gli strumenti propri del diritto amministrativo, vale a dire un insieme regole speciali volte a garantire immediatamente il perseguimento di un pubblico interesse.
Nel secondo caso le pubbliche amministrazioni tendono sempre più ad operare attraverso gli strumenti contrattuali propri del diritto privato (il diritto comune), ponendosi cioè sullo stesso piano dei soggetti con cui vengono in rapporto (siano essi utenti o fornitori).
Fra le regole speciali hanno particolare rilevanza le procedure di affidamento collegate ai contratti pubblici. Attraverso di esse l’amministrazione selezione il soggetto con cui stipulare un contratto per l’acquisizione di servizi, di forniture o per l’esecuzione di opere pubbliche. Prima dell’aggiudicazione, però, si svolge un articolato procedimento amministrativo volo a garantire il miglior perseguimento dell’interesse pubblico: di norma prevedendo una gara pubblica per la scelta della migliore offerta.
Spetta alla legge stabilisce quale regime deve essere seguito (quello amministrativo o quello privano) ma la legge può anche lasciare all’autorità amministrativa tale scelta (in ciò consiste la discrezionalità amministrativa). In alcuni casi si tratta di scelte obbligate, data la natura della prestazione da erogare, in altri casi si tratta di scelte discrezionali.
In via generale, stabilisce l’art. 1 della l. 241/1990, “la pubblica amministrazione, nell’adozioni di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”.
Nell’ambito dei poterei autoritativi si distingue fra attività discrezionale e attività vincolata:
- l’attività discrezionale si ha nei casi in cui la legge lascia alla pubblica amministrazione un margine di scelta circa le modalità di esercizio del potere;
- l’attività vincolata si ha nei casi in cui l’amministrazione, in presenza di determinati presupposti, deve necessariamente adottare una determinata decisione.
La discrezionalità non impedisce che l’attività sia sindacabile in sede giurisdizionale ex art. 113 Cost.
La funzione di produzione dei beni o dei servizi può essere svolta:
- attraverso l’amministrazione diretta (ad es. nelle scuole, attraverso il ministero dell’istruzione);
- attraverso l'istituzione di appositi enti o aziende pubbliche, amministrazioni per enti (ad es. la sanità, attraverso le Asl, aziende sanitarie locali)
- attraverso la regolazione di soggetti privati che operano sul mercato, amministrazione per regole (ad es. le aziende elettriche la cui attività è regolata dall’Autorità per l’energia elettrica).
Dal Primo dopoguerra, con l’affermarsi del welfare state, si sono fortemente accresciute le attività delle pubbliche amministrazioni volta alla prestazione di servizi da essere erogati direttamente o attraversi la creazione di appositi enti pubblici, controllati e finanziati dallo Stato (servizi pubblici in senso soggettivo). Dalla fine degli anni Settanta, in Europa, e in Italia dagli anni Novanta, si è affermata invece la tendenza a ricorrere più frequentemente al mercato, predisponendo regola per la produzione di beni o servizi da parte di privati e la loro acquisizione a vantaggio della collettività, senza ricorrere all’intervento diretto delle pubbliche amministrazioni (servizi pubblici in senso oggettivo). In questa direzione spinge anche i principio di sussidiarietà orizzontale, introdotto nel 2011 nell’art. 118.4 Cost. In alcuni casi si sceglie una strada intermedia, affidando il servizio a società di capitali cui concorrono le stesse pubbliche amministrazioni (società miste).
Dagli anni Novanta, l’ordinamento del lavoro nelle pubbliche amministrazione è passato dal regime speciale proprio del diritto amministrativo (pubblico impiego) a quello ordinario del “diritto al lavoro” proprio dei lavoratori del settore privato (sia pur accompagnato da norme speciali).
Le pubbliche amministrazioni possono altresì svolgere attività normativa, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, per regolare l’accesso a determinati servizi, ‘uso di determinati beni ed altro ancora. A tali atti (regolamenti ministeriali o di autorità regionali e locali) non si applicano i principi che reggono l’attività amministrativa, ma quelli propri delle fonti del diritto (il principio di iura novit curia, il principio di ignorantia legis non excusat, il ricorso in cassazione ex art. 111 Cost., i criteri di interpretazione).
In “pubbliche amministrazioni” è solito usare il termine al plurale in quando le novità di questi ultimi decenni hanno spezzato l’unità monolitica della pubblica amministrazione ereditata dallo stato liberale.
- L’ORGANIZZAZIONE: PER MINISTERI E PER ENTI
L’unità organizzativa dell’amministrazione centrale è rappresentata dai ministeri, cui è preposto un ministro: organo, individuale, capo di un dicastero e componente dell’organo collegiale governo, cerniera tra governo e amministrazioni. I suoi compiti sono compiti di amministrazione diretta, compiti di indirizzo e compiti di vigilanza nei confronti che opera nel suo settore.
In forza del d.lgs 300/1999, questi sono i ministeri:
- ministero degli affari esteri: politica estera, rapporti internazionali anche attraverso le rappresentanze;
- ministero dell’interno: amministrazione civile, sicurezza pubblica, coordinamento forze di polizia, opera attraverso le prefetture.uffici territoriali del governo e le questure presenti in ogni capoluogo di provincia;
- ministero della giustizia: organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia (escluse le competenze relative allo stato giuridico dei magistrati, affidate al Csm), amministrazione penitenziaria;
- ministero della difesa: attraverso Forze armate difesa e sicurezza militare dello Stato, alle sue dipendenze l’Arma dei Carabinieri;
- ministero dell’economia e delle finanze: controllo delle entrate e della spesa, gestione come azionista delle partecipazioni dello Stato. Nato dalla fusione dei ministeri del tesoro, del bilancio e delle finanze, opera attraverso uffici tra cui la ragioneria generale dello Stato e le agenzie fiscali; alle sue dipendenze la Guardia di Finanza;
- ministero dello sviluppo economico: funzioni in materia di industria, artigianato, energia, comunicazioni, commercio;
- ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali: funzioni di coordinamento e rappresentanza in sede europea delle politiche in materia di agricoltura, alimentazione e foreste;
- ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare: compiti su tutela dell’equilibrio ecologico del territorio, difesa del suolo, protezione della natura;
- ministero delle infrastrutture e dei trasporti: funzioni relative alla realizzazione di reti infrastrutturali e opere pubbliche, navigazione, aviazione civile, trasporti terrestri;
- ministero del lavoro e delle politiche sociali: funzioni in materia di politiche del lavoro e dell’occupazione, tutela dei lavoratori, politiche sociali e previdenziali;
- ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca: istruzione scolastica, universitaria, ricerca scientifica e tecnologica;
- ministero per i beni e le attività culturali: compiti di tutela e gestione del patrimonio storico, artistico, archeologico, paesaggistico e architettonico, funzioni in materia di spettacolo e turismo;
- ministero della salute: funzioni in materia di salute umana, coordinamento del Servizio sanitario nazionale, sanità veterinaria, sicurezza alimenti.
Il modello organizzativo del ministero, incentrato sul ministro, assistito da un capo di gabinetto, articolato per dipartimenti, decentrato attraverso direzioni provinciali e regionali, è stato ereditato dal Regno di Sardegna, che a sua volta si era ispirato al modello decentrato napoleonico. Esso si basa sul concetto di immedesimazione organica tra il soggetto che agisce per l’amministrazione e l’amministrazione stessa. In pratica, ciò consente di imputare direttamente all'amministrazione di riferimento gli atti compiuti dal soggetto agente. In questo senso egli è considerato un organo dell’amministrazione, cioè una parte rispetto al tutto. L’organo può essere inteso sia come persona fisica (il soggetto X) sia come centro di competenze (l’insieme delle competenze attribuite al soggetto X). In ogni caso, l’organo ha bisogno di un apparato amministrativo, cioè un’unità organizzativa a supporto dell’esercizio delle sue funzioni (un ufficio).
Questo modello è stato soppiantato dalla ultime riforme degli anni Novanta:
- decentramento regionale e locale che ha progressivamente trasferito funzioni e risorse dal centro agli enti regionali e locali;
- la costituzione e riorganizzazione di enti pubblici, dotati di autonoma personalità giuridica. Gli enti pubblici son assai eterogenei (enti previdenziali, enti di promozione economica, enti culturali, enti morali) che a loro volta vanno distinti dagli enti pubblici economici, che svolgono attività produttiva in forma di impresa (lo stato imprenditore);
- la privatizzazioni che hanno investito il settore delle partecipazioni statali, in particolare i più importanti enti pubblici economici (Iri, Enel, Ina, Eni), gli istituti di credito e le casse di risparmio;
- la costituzione di agenzie che svolgono “attività a carattere tecnico-operativa” già esercitata da ministeri ed enti pubblici; sono soggetti dotati di autonomia funzionale ed organizzativa, sottoposti ai poteri ministeriali di indirizzo e vigilanza;
- il progressivo diffondersi della autorità amministrative indipendenti (sull’esempio del modello anglosassone) che hanno assunto compiti di regolazione, di amministrazione e di controllo di interi settori prima affidati all ministero o privi di regolamentazione.
Importanza particolare assumono come organi ausiliari del governo due istituti direttamente in Costituzione:
- Il Consiglio di stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa del governo ed insieme organi che volge funzioni giurisdizionali. In sede consultiva, il Consiglio può esprimersi o attraverso pareri facoltativi (su richiesta del governo) o pareri obbligatori (caso dei regolamenti governativi). In ogni caso, il Governo è libero di uniformarsi o meno alle indicazioni del Consiglio.
- La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del governo (oggi fortemente ridotto) e il controllo successivo sulla gestione di bilancio dello Stato. Partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, referendo direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Inoltre, ha competenze giurisdizionali nelle materie di contabilità pubblica e nelle materie prevista dalla legge.
L’art. 99 della Costituzione annovera tra gli organi di consulenza delle Camere e del governo anche il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro in materia di economia, finanza pubblica, problemi del lavoro, servizi pubblici. Gode inoltre dell’iniziativa legislativa.
- L’ORGANIZZAZIONE: PER AUTORITÀ INDIPENDENTI
Le autorità indipendenti sono collocate in posizione autonoma rispetto al governo e forma da personalità scelte con criteri che dovrebbero garantire autonomia e indipendenza di giudizio rispetto sia agli organi politica sia agli apparati dei ministeri. Esse realizzano un sistema che, non solo rompe con il carattere monolitico delle amministrazioni, ma mette in discussione il tradizionale circuito indirizzo politico-parlamento-responsabilità ministeriale, proprio della forma parlamentare. Nell’esercizio delle loro attività si collegano direttamente alla Costituzione e alle leggi saltando, appunto, la mediazione parlamentare e ministeriale. Lo scopo è quello di assicurare la necessaria imparzialità nella ponderazione di tutti gli interessi coinvolti. Sono:
- Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob): vigilanza sui mercati finanziari e di forza; regolazione dei mercati di valori immobiliari.
- Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass): vigilanza sul settore assicurativo.
- Autorità garante della concorrenza e del mercato: funzioni di antitrust a tutela della libertà di concorrenza, per evitare le intese restrittive di concorrenza, gli abusi di posizioni dominanti e le concentrazioni.
- Commissione di garanzia dell’attuazione della l. 146/1990: regolazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali.
- Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture: garantire il rispetto dei principi di correttezza e trasparenza delle procedura di scelta dei contraenti e di economica ed efficiente esecuzione dei contratti.
- Autorità per l’energia elettrica e il gas: regola l’attività delle aziende di pubblica utilità, per vigilare sul rispetto delle regole atte a garantire adeguati livelli di qualità nei servizi e un sistema tariffario certo e trasparente.
- Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni (Agcom): compiti di regolazione nel settore delle telecomunicazioni a tutela del pluralismo informativo, dell’obiettività e della completezza dell’informazione.
- Autorità di regolazione dei trasporti: garantire efficenza produttiva delle gestioni, contenimento dei costi e condizioni di accesso eque a tutti i mezzi di trasporto.
- Garante per la protezione dei dati personali: garantire che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali.
Un forma di autorità indipendente può essere considerate anche la Banca d’Italia il cui governatore, nominato dal governo per sei anni, gode di notevoli garanzie di autonomia. La Banca, che ora emette banconote solo su autorizzazione della Banca centra europea, svolge il servizio di tesoreria dello Stato. Inoltre, al fine di assicurare stabilità efficienza e competitività del sistema finanziaria, ha compiti di regolazione e vigilanza e di tutela della concorrenza nei confronti delle aziende bancarie, dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari.
Le autorità sono nominati nei modi più diversi e sono organizzate ed agiscono secondo moduli fra loro non omogenei, che vanno dal controllo puntuale, alla fissazione di regole, da poteri di inchiesta, all’imposizioni di sanzioni amministrative. Contro le decisioni delle autorità è sempre ammesso il ricorso a giudice amministrativo.
Questi istituti pongono problemi in relazioni ai canoni classici della teoria democratica: ci si è chiesti se le autorità amministrative indipendenti siano legittimate a svolgere funzioni importanti come quelle ad esse affidate, senza doverne rispondere di fronte al Parlamento. Inoltre, si è giudicato eccessivo il loro numero e inopportuna l’assenza di una normazione eguale per tutte. Per queste ragioni sono state avviate iniziative volte al loro riordino, alla loro riduzione e soprattutto a tutelare il pubblico risparmio.
Delle autorità indipendenti è messa in discussione, inoltre, l’attività di tipo normativo. Nessun problema per i regolamenti interni, espressione dell’ordinaria autonomia organizzativa; ma quando l’attività normativa è rivolta a soggetti esterni, ci si chiede se essi siano atti riconducibili all’attività amministrativa generale o a quella normativi. Gli atti degli istituti autonomi sono provvedimenti amministrativi di una normativi con caratteristiche di astrattezza e generalità, diretta non a “provvedere” ma a “regolare”. Si è arrivati a questa conclusione: l’attribuzione di un potere regolamentare alle autorità indipendenti è legittimato, purché sia volta a realizzare fini posti dalla legge, lasciando alle stesse discrezionalità solo in ordine alle modalità di conseguimento degli obiettivi legislativamente predeterminati (si deve rispettare, quindi, il principio di legalità e di preferenza di legge).
- I PRINCIPI COSTITUZIONALI RELATIVI ALLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Le amministrazioni sono organizzate e agiscono secondo i seguenti principi costituzionali.
- Principio dell’autonomia (art. 5 e 118 Cost.): l’amministrazione è affidata agli enti regionali e locali, rappresentativi delle comunità territoriali, secondo il principio di sussidiarietà.
- Principio del decentramento (art. 5 Cost.): le funzioni amministrative svolte da organi dello Stato, non conferite alle regioni o agli enti locali, devono essere decentrate nel territorio nazionale, o a livello burocratico (attraverso funzionari dipendenti collocati in sedi locali) o a livello istituzionale (attraverso enti autonomi). Il principio del decentramento è stato messo in ombra dal principio dell’autonomia poiché quest’ultimo garantisce più libera e discrezionalità nella scelta dei fini da perseguire e dei mezzi da utilizzare.
- Riserva di legge per l’organizzazione (art. 97 Cost.): i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge; la riserva è relativa, il che vuol dire che le legge non è tenuta a disegnar l’intera organizzazione delle pubbliche amministrazioni, ma solo a fissare i criteri generali.
- Principio di legalità esterno: l’attività delle pubbliche amministrazione deve mantenersi nei binari stabiliti dalla legge o da altre fonti normative a ciò abilitate. Ulteriori limiti possono trarsi dall'ordinamento costituzionali considerati nel loro complesso, cioè dai principi generali del diritto.
- Principio di legalità interno: le pubbliche amministrazioni devono trovare nel diritto anche gli obiettivi da raggiungere, con la possibilità per il giudice amministrativo di sindacare la mancata corrispondenza tra l’interesse indicato dalla norma e quello perseguito con l’attività amministrativa. Le pubbliche amministrazione, non solo devono operare nei limiti della legge (esterno), ma devono conformemente alla legge (interno).
- Principio di preferenza di legge: dal principio di legalità deriva che gli atti amministrativi che siano contrari alle norme di legge possono essere disapplicati (principio di preferenza di legge), oltre che annullati dal giudice amministrativo.
- Principio del buon andamento (art. 97 Cost.): alla pubblica amministrazione è imposta efficacia (grado di corrispondenza fra gli obiettivi preposti e i risultati conseguiti); efficienza (rapporto tra risultati ottenuti e la quantità di risorse impiegate); economicità (minimo impiego di risorse). Per conseguire tali fini esiste la conferenza di servizi, unica sede in cui un’amministrazione può convocare le altre amministrazioni interessate per acquisirne rapidamente il necessario concorso in un dato procedimento. La conferenza consiste in una contestuale valutazione di tutti gli interessi coinvolti; può riguardare la sola fase istruttoria (conferenza istruttoria) oppure può portare all’adozione dell’atto finale (conferenza decisoria).
- Principio di imparzialità (art. 97 Cost.): è richiesta la ponderazione e composizione degli interessi pubblici da soddisfare con gli interessi privati sacrificati, impone il divieto di operare discriminazioni, l’apartiticità per i pubblici apparati amministrativi. L’imparzialità è differente dalla “terzietà” propria del giudice: l’imparzialità non è indifferenze agli interessi in gioco, ma presuppone il perseguimento di uno specifico interesse.
- Equilibrio di bilancio e sostenibilità del debito pubblico (art. 97.1 Cost.).
- Distinzione fra attività di governo e attività di gestione amministrativa (Tuel e nel testo unico sull’ordinamento del lavoro): mentre l’attività di governo e di controllo politico-amministrativo è affidata agli organi di governo politicamente responsabile (ministri, sindaci, presidenti di province e regioni), la gestione amministrativa, compresa l’adozione che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, è affidata agli apparati amministrativi. Agli organi di governo spettano gli atti di direzione politica, che individuano gli obiettivi e indirizzano l’amministrazione al perseguimento degli stessi; ai dirigenti e agli apparati amministrativi spetta invece la realizzazione degli obiettivi.
- Principio di responsabilità della pubbliche amministrazioni e dei suoi funzionari (art. 28 Cost.): i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
- Principio dell’accesso mediante concorso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni (art. 97.4 Cost.), salvo i casi in cui la legge preveda l’assunzione nominativa o altre forme di assunzione di tipo non concorsuale.
- Regime speciale dei beni pubblici (art. 119.6 Cost.): la pubblica amministrazione è titolare di particolari beni che vengono denominati generalmente beni pubblici. Tali beni, quindi, vanno a formare parte del complessivo patrimonio delle amministrazioni statali, regionali, locali sottoposto a un regime speciale.
Il codice civile distingue tra:
- demanio pubblico (ad es. spiagge, porti, fiumi): questi beni sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi;
- patrimonio indisponibile (ad es. foreste, miniere, cose di interesse artistico): questi beni non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano;
- patrimonio disponibile (tutti i beni che non rientrano nelle categorie precedenti): questi beni sono in tutto e per tutto sottoposti alle regole del diritto comune.
- IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
L’attività delle pubbliche amministrazioni è normalmente articolata in una serie di atti tra loro connessi, di competenza di una o più specifiche amministrazioni (ad es. statali, regionali, locali), volti al raggiungimento del fine perseguito attraverso l’adozione di un provvedimento finale. Il procedimento amministrativo si articola in quattro fasi:
- iniziativa: l’atto iniziale può essere un’istanza del soggetto interessato al provvedimento finale (parte privata o altro soggetto pubblico), oppure un’autonoma scelta della stessa amministrazione procedente (procedimento d’ufficio);
- istruttoria o preparatoria: l’amministrazione procedente raccoglie tutti i dati e le informazioni necessari in vista dell’adozione dell’atto finale, anche attraverso specifici pareri di competenza di organi consultivi o di esperti; ove sia necessario acquisire il consenso di diverse amministrazioni, può essere attivata la conferenza di servizi;
- costitutiva o deliberativa: consiste nell’adozione del provvedimento finale, secondo le modalità e le procedure previste dalla legge;
- integrativa dell’efficacia: una volta adottato l’atto finale (perfetto, ma non efficace) si compiono tutti gli adempimenti generalmente previsti per consentirgli di dispiegare i propri effetti giuridici.
Nel nostro ordinamento risulta accolto il principio del giusto procedimento: questo tende a garantire la corretta formazione della volontà dell’amministrazione, che deve svolgersi in forme tipiche (principio di tipicità) osservare determinate procedure, garantire talune forme di pubblicità e trasparenza e assicurare l’intervento dei soggetti coinvolti, sia quali destinatari sia quali beneficiari del provvedimento stesso. La disciplina generale del procedimento amministrativo è contenuto nell l. 241/1990 (modificata dalla l. 15/2005 e dalla l. 69/2009):
- l’obbligo di motivazione degli atti amministrativi;
- la trasparenza amministrativa;
- l’individuazione di un responsabile del procedimento, chiamato ad assumersi le responsabilità;
- il diritto di accesso agli atti da parte dei soggetti interessati;
- la partecipazione dei soggetti interessati all’istruttoria;
- il contraddittorio fra i soggetti portatori di interessi diversi;
- l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro il termine che l'amministrazione procedente ha l’obbligo di stabilire (non superiore a 90 o 120 giorni); se non è stabilito dall’amministrazione, si applica il termine di 30 giorni; decorso inutilmente il termine per la conclusione del procedimento, si applica di regola l’istituto del silenzio-assenso.
- GLI ATTI AMMINISTRATIVI
6.1. Gli atti amministrativi tipici
Le pubbliche amministrazioni, allorché agiscono come autorità amministrative, producono atti amministrativi tipici, caratterizzati ciò da un regime particolare.
- Sono atti emanati seguendo determinate procedure amministrative (come abbiamo detto prima). Gli atti perfetti ed efficaci possono tuttavia essere invalidi, vale a dire nulli o annullabili. I cassi di nullità e annullabilità sono disciplinati dalla legge sul procedimento amministrativo (capo IV-bis della l. 241/1990). L’atto è:
- nullo, se manca di un elemento essenziale (atto che ha oggetto inesistente, atto emanato da soggetto primo di legittimazione);
- annullabile, quando risulta viziato per: 1) incompetenza dell’autorità che lo ha emanato; 2) violazione della legge nei confronti dell’atto; 3) eccesso di potere, qualora, l’atto pur non contrario alle prescrizioni di legge, sia stat emanato sciando dalle finalità per le quali è stato riconosciuto.
L’eccesso di potere, che riguarda il cattivo uso del potere discrezionale da parte dell’amministrazione può essere rilevato innanzitutto dalla motivazione ove emergano sintomi quali “illogicità manifesta”, “contraddittorietà interna”, “insufficienza di motivazione”, “disparità di trattamento” ecc.
- Sono atti sottoposti a verifiche anche preventive sulla loro legittimità e, talvolta, sul merito (cioè l’opportunità delle scelte effettuate con l’atto stesso) attraverso specifici controlli (tuttavia in regressione negli ultimi anni).
- Sono atti imperativi e informati al principio dell’autotutela, proprio perché assistiti dalla presunzione della legittimità dell’atto stesso. L’imperatività (o esecutorietà) indica la speciale forza di un provvedimento grazie alla quale la modificazione della sfera giuridica del destinatario dell’atto non richiede la collaborazione di questo (ad es. se un’auto arreca intralcio al privato, questi non può rimuoverla senza che il giudice lo autorizzi; lo può fare, invece, l’amministrazione pubblica competente). Si usa ricondurre al principio dell’autotutela anche una serie di provvedimenti di secondo grado (che hanno oggetto un precedente atto): 1) l’annullamento d’ufficio (con effetti ex tunc); 2) la revoca (con effetti ex nunc); 3) la ratifica (in caso di atto emanato da organo non competente); 4) la convalida (in caso l’atto mancasse di un elemento necessario). L’amministrazione può inoltre imporre sanzioni amministrative a carico di chi non rispetta l’atto.
- Sono atti giustiziabili, al pari di qualunque manifestazione di potere amministrativo.
6.2. Le ordinanze di necessità
Una tipologia particolare di atti amministrativi è costituita dalle ordinanze di necessità. Queste sono provvedimenti volti a fronteggiare in modo temporaneo, al di fuori delle normali procedure, situazioni di emergenza di vario tipo che coinvolgono la collettività. In presenza di determinati presupposti, è la legge stessa che autorizza l'autorità amministrative ad intervenire in determinate materie, provvedendo anche in deroga alle normative vigenti, per determinare finalità connesse alla natura dell’emergenza. Non sempre però vengono precisate le concrete modalità di esercizio dei poteri di ordinanza, lasciando quindi una elevata discrezionalità all’autorità amministrativa nelle determinazione del contenuto. La correlazione e la congruità possono essere, però, accertate dal giudice amministrativo per salvaguardare il principio di legalità.
Problemi delicati si pongono quando il potere di ordinanza si spinge fino alla possibilità di derogare a norme legislative. La Corte costituzionale si espresse in merito (sentt. 8/1956 e 26/1961) affermando come le ordinanze di necessità non potessero mai porsi in contrasto con prescrizioni costituzionali che “non consentono alcuna possibilità di deroga ad opera della legge ordinaria”.
Questi limiti si ritrovano nella legislazione più recente in materia di ordinanze. A titolo di esempio possono citare:
- le ordinanze di protezione civile previste dall’art 5 della l. 225/1992 (modificata dal d.l. 59/2012), istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, organizzato a livello centrale in un dipartimento della presidenza del Consiglio. Una volta deliberato lo stato di emergenza dal Consiglio dei ministri, il presidente del Consiglio, o un suo delegato, provvede all’attuazione degli interventi di emergenza “anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente”, emanate tuttavia “nel rispetto dei principio generali dell'ordinamento giuridico”. Le ordinanze, oltre ad essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate. Esse sono ritenute compatibili con il sistema costituzionale trattandosi di una deroga temporanea della legga, e non di un’abrogazione.
- le ordinanze di sicurezza urbana, previste dall’art. 54 del Tuel. Tali provvedimenti sono adottati dal sindaco con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Il sindaco esercita ai poteri di ordinanza in queste materia quale ufficiale del governo e i provvedimenti devono essere preventivamente comunicati al prefetto. Accanto a queste sono previste le ordinanze contingibili e urgenti in casi di emergenza igienico-.sanitaria, che sono invece adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale.
Nella prassi entrambe sono oggetto di polemiche: le prime perché spesso usate, oltre che per far fronte a calamità, anche in occasioni di grandi eventi (ad es. mondiali di nuoto) per sopperire a inefficienze e ritardi burocratici; le seconde perché usate disinvoltamente da alcuni sindaci (ad es. ordinanze contro prostituzione, accattonaggio ecc.), esorbitando dall’ambito dei provvedimenti finalizzati alla tutela della sicurezza pubblica.
- LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI E DEGLI INTERESSI LEGITTIMI
Il principio di legalità porta con sé quanto prescritto dall’art. 113 Cost.: “contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi”. A tutti è data la possibilità di ricorso presso gli organi della giustizia amministrativa (tribunali amministrativi regionali o appello al Consiglio di stato o di azione presso i giudizi ordinari).
Per ragioni storiche, in Italia vige una sistema dualistico di giustizia amministrativa che il costituente non ha voluto eliminare. Mentre altri paesi hanno affidato la tutela dei cittadini contro gli atti della pubblica amministrazione al giudice ordinario (Regno Unito, Stati Uniti) oppure, ad uno speciale giudice amministrativo (Francia, Germania), in Italia la cognizione di tali atti è ripartita fra il giudice ordinario e il giudice amministrativo, competenti a seconda del tipo di situazione giuridica fatta valere.
- Se il soggetto colpito da un atto amministrativo vede leso un proprio diritto soggettivo, la competenza è del giudice ordinario. Questi non può annullare l’atto amministrativo impugnato, in omaggio al principio di separazione dei poteri, ma può solo disapplicarlo e procedere al risarcimento del danno.
- Se il soggetto colpito da un atto amministrativo vede leso un proprio interesse legittimo, la competenza è del giudice amministrativo che può annullare (o sospendere in via cautelare) l’atto. Tuttavia, in base all’art. 103 Cost., ai giudici amministrativi può essere la giurisdizione, in particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi.
Accanto ai rimedi giurisdizionali esistono i rimedi amministrativi, detti paragiurisdizionali. Si tratta di quei ricorsi che il soggetto leso può esprimere rivolgendosi: 1) alla stessa amministrazione che ha emanato l’atto (ricorso in opposizione); 2) al superiore gerarchico dell'autorità che ha emanato l’atto (ricorso gerarchico). È anche previsto il ricorso straordinario al presidente della Repubblica, ma in realtà la decisione, anche se formalmente assunta con decreto presidenziale, è del Consiglio di stato, chiamato a dare un parere vincolante. Questa strada la si percorre per due ragione: il termine per far ricorso è dopo (120 giorni) e non è necessario farsi patrocinare da un avvocato.
Un problema particolare è rappresentato dall’atto politico, ciò da quell’atto che esprime una libera scelta connessa all’esercizio della funzione di indirizzo politico del governo. Infatti, la legge esclude il ricorso alla giurisdizione amministrativa se si tratta di “atti o provvedimenti emanati dal governo nell’esercizio del potere politico”.
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