giovedì 5 settembre 2013

CAP. 18 - L'ORDINAMENTO ITALIANO IN EVOLUZIONE


CAP. 18 - L'ORDINAMENTO ITALIANO IN EVOLUZIONE

1. OGNI ORDINAMENTO E' SEMPRE IN TRASFORMAZIONE
Qualsiasi ordinamento è sempre in continua trasformazione e come tutti i fenomeni sociali anche l'ordinamento giuridico è espressione della società,quindi cambia col cambiare delle società.La società italiana sia in epoca monarchica ma sopratutto in epoca repubblicana ha conosciuto cambiamenti enormi che hanno influenzato il suo ordinamento giuridico e la sua costituzione.
Il mutare della società influisce anche sull'ordinamento costituzionale con o senza adeguamento formale del testo della costituzione.
Questo dipende molto anche dal modo in cui sia scritto il testo più o meno duttile ed elastico ovvero più o meno capace di adattarsi al successivo inevitabile cambiamento della società e dei suoi principi e valori.
Quando si ha una scarsa elasticità del testo o si sono avuti profondi cambiamenti
la capacità della costituzione di perseguire la sua funzione si esaurisce e allora qua c'è la necessità di una modificazione costituzionale.La modificazione può riguardare aspetti non essenziali o che non coinvolgono i principi e i valori di fondo e in questo caso si procede con una semplice revisione costituzionale;Essa però può coinvolgere le basi e le scelte fondati dell'ordinamento e quindi si dovrà parlare di un mutamento costituzionale(che può avvenire in forma pacifica o attraverso eventi traumatici).Se si procede con una specie di periodica manutenzione dell'ordinamento e del testo costituzionale in modo da adeguare le parti superate rispetto al cambiamento sociale per perseguire al meglio i valori a cui sono sottesi sarà più difficile che avvenga un esigenza di mutamento radicale
mentre ordinamenti poco elastici andranno incontro a questa esigenza.

  1. ALLE ORIGINI DELL'ORDINAMENTO ITALIANO:LO STATUTO ALBERTINO
Sin dal XIX secolo si molto discusso sulla continuità o alla novità che avrebbe caratterizzato l'ordinamento giuridico italiano all'indomani della realizzazione dell'unità nazionale rispetto all'ordinamento del Regno di Sardegna.Vi era un nuovo ordinamento o un ampliamento per annessioni successive a quello sardo?
Dietro a questa disputa si può notare una questione politica sostanziale:la possibile messa in discussione dei Savoia e della Corona.Sopratutto per questo non si concesse mai alle richieste di assemblea costituente che vennero fatte più volte dalla parte progressista del movimento nazionale italiano (Mazzini).
L'unificazione e il consolidamento del Regno d'Italia si fondarono sull'alleanza fra corona e borghesia liberale moderata e queste erano alla base della costituzione materiale dell'epoca.La monarchia non si sarebbe potuta discutere salvo solo eventi rivoluzionari e non si sarebbe parlato di assemblea costituente; Si sono dovuti attendere 85 anni dall'unificazione,una guerra mondiale persa e la compromissione monarchica con un regime autoritario perché si tenesse la prima assemblea costituente.
Sotto il profilo formale vi sono vari aspetti a favore della tesi della continuità e della costituzione del Regno D'Italia per incorporazione nel Regno di Sardegna di una serie di ordinamenti statuali prima indipendenti:Statuto e leggi furono estesi a tutto il territorio mano a mano acquisito,il re non assunse il titolo di primo re d'Italia ma mantenne il nome di Vittorio Emanuele II;le legislature continuarono la numerazione avviata l'8 maggio 1848 e difatti quella che il 17 marzo 1861 approvò il disegno di legge governativo che sanciva la nascita del Regno d'Italia rimase l'VIII (non la I).Mentre sotto il profilo sostanziale è vero che il popolo e il territorio erano profondamente diversi da quelli che avevano caratterizzato il Regno di Sardegna.L'estensione all'Italia delle leggi sarde rispecchiò il predominio delle forze politiche e sociali vicine alla monarchia le quali concessero poco alle élite d'ispirazione democratico-liberale e ai loro progetti.Per cui dati formali e sociologici concordano sul fatto che si trattò del poderoso ingrandimento e trasformazione del Regno di Sardegna.
L'Italia con lo Statuto ebbe così la sua prima carta fondamentale (concesso da Carlo Alberto nel 1848).Fu elaborato da un consiglio di conferenza dove quasi tutti i 17 componenti erano molto riluttanti ,al pari del loro sovrano.Vi erano grandi timori verso la scelta per la monarchia rappresentativa ed essa fu compiuta e la costituzione concessa solo per timore dopo che Ferdinando II aveva dato la costituzione al Regno delle Due Sicilie.
Il '48 dell'ottocento fu una grande rivoluzione europea che si estese in tutto il continente.Date le caratteristiche del Regno di Sardegna l'influenza della cultura politico istituzionale francese era forte.Così per il futuro statuto venne presa come modello la Charte del 1814. La prima legge elettorale venne elaborata sull'esempio francese del sistema uninominale a doppio turno,il regolamento della Camera dei deputati fu la trascrizione dell'Assemblea nazionale dell'epoca.
Lo statuto delineava una monarchia costituzionale nella quale il potere del esecutivo era nelle mani del re;il potere legislativo era condiviso dal re e dalle due Camere(Camera dei deputati rappresentativa mentre il Senato del Regno era di nomina regia vitalizia ma non ereditaria);la giustizia era emanata del re e doveva essere amministrata in suo nome.I ministri del re erano responsabili,ma non si specificava davanti a chi e comunque questa responsabilità era stata concepita solo a copertura dell'inviolabilità del re.Gli articoli da 24 a 32 trattavano dei diritti e dei doveri dei cittadini mentre l'articolo 1 fortemente voluto dal re proclamava il cattolicesimo romano religione di stato e garantiva agli altri culti la tolleranza.Lo Statuto è stato considerato una costituzione flessibile perché non era previsto un meccanismo di modificazione aggravato ne alcuna forma di controllo della conformità della legge rispetto ad esso e quindi non vi sarebbero stati strumenti per impedire che la legislazione successiva vi derogasse (come accadde con il fascismo).Questa dottrina è contestata da altri che richiamano il fatto che l'art 81 abrogava espressamente ogni legge ad esso contraria e ritengono che alle origini lo statuto fosse una costituzione rigida diventata flessibile nella prassi.Ciò sarebbe avvenuto dopo il fascismo perché la giurisprudenza attesta che nei tribunali lo statuto venne considerato più volte rigido tanto da decidere l'inapplicabilità di quella legge non conforme.
La ragione del perché lo Statuto sia considerato flessibile è che il fascismo non esitò d'imporre per legge istituzioni del tutto incompatibili senza che l'ordinamento reagisse e senza nemmeno modificarlo per non sfaldare del tutto la corona.

3)L'EVOLUZIONE DELL'ORDINAMENTO STATUARIO
La vicenda statuaria sarebbe durata fino al secondo dopo guerra.Dividiamo la storia delle istituzioni statuarie in due fasi:fino al fascismo e dopo il fascismo.

-Fino all'avvento del regime fascista

Prima che venisse esteso a tutto il Regno d'Italia,lo Statuto fu interpretato conformemente al progressivo affermarsi della responsabilità degli esecutivi nei confronti delle assemblee rappresentative(in particolare alla camera elettiva).Quindi si passo subito dalla monarchia costituzionale alla monarchia costituzionale,con le seguenti caratteristiche:

A)Rappresentanza ristrettissima e alle elezione della camera del 1909 gli elettori erano solo l'8,3% dei cittadini, quindi il regime liberale assunse caratteri democratici con lentezza.Il suffragio universale maschile fu introdotto nel 1912
e allargato definitivamente nel 1919(non alle donne però)

B)Latenti tendenze dualiste implicite nello Statuto(lasciava al re un ruolo d'indirizzo politico accanto al parlamento)continuarono periodicamente a tornare durante le fasi critiche della vita dello Stato,quando per emergenze interne o esterne la corona riprese nelle proprie mani il potere esecutivo.In particolare il re ebbe l'ultima parola nella nomina dei ministri militari o degli esteri.

C)Il Senato del Regno non assunse mai un ruolo autonomo,di organo di equilibrio fra re e Camera o contraltare della Camera.Il Governo si appropriò subito della primazia in materia di proposte di nomina di nuovi senatori e grazie alle infornate(Immissioni periodiche di Senatori scelti dai notabili di fiducia)fu in grado di controllarlo.

D)Il Governo nel complesso si rafforzò ma in misura relativa non potendo,in assenza di partiti, contare in una salda maggioranza politica.Fece largo uso dei suoi poteri amministrativi per condizionare le elezioni e consolidare il proprio consenso.Cerco di legiferare i suoi decreti con alterno successo.Il Presidente del Consiglio fu sempre costretto ad assicurarsi il necessario sostegno parlamentare
e questo raramente fu scontato anzi fu condizionato da pratiche trasformiste(parlamentare che passa dall'opposizione alla maggioranza per ottenere qualche beneficio personale o per il suo collegio elettorale)
E)La Magistratura ebbe un'indipendenza relativa;i magistrati dell'accusa dipendevano dal governo,i giudici(esclusi quelli della pretura che avevano doppia funzione requirente e giudicante)erano tutelati inamovibili solo dopo tre anni e l'inamovibilità era non dalla sede ma dall'ufficio( a parità di grado e funzione potevano essere trasferiti dal ministro).

F)Le Libertà dei cittadini conobbero una certa tutela ma furono fortemente limitate in occasione dei frequenti ricorsi agli stati d'assedio.(per molto tempo il Regno di Napoli fu sottoposto alla legge marziale e al regime militare per la lotta al brigantaggio)

G)Dopo l'avvento al trono di Vittorio Emanuele III a seguito dell'assassinio del padre Umberto I (1900),il blando riformismo di Giolitti si tradusse in una progressiva apertura ai ceti più disagiati e una legislazione sociale che teneva conto delle esigenze di quest'ultimi.Mentre le masse popolari si erano cominciate ad organizzare in partiti politici strutturati,repubblicani e socialisti,mentre i cattolici tornarono progressivamente alla partecipazione politica.

F)A fine Ottocento si affermò;mutuato dalla Francia,un regime di tutela giurisdizionale del cittadino a fronte degli atti della pubblica amministrazione,con l'istituzione di apposite sezioni del Consiglio di Stato(la VI nel 1889 e la V nel 1907)che dette vita al sistema a doppia giurisdizione che è rimasto quasi intatto ai giorni nostri.

-Dopo l'avvento del regime fascista

Furono gli sconvolgimenti determinati dalla Prima guerra mondiale,anche nei paesi che l'avevano vinta come l'Italia a mettere in crisi le fragili democrazie europee.Cedettero una dopo l'altra alla tentazione di dare risposta alla travolgente domanda,condotta con violente agitazioni di lavoro,di prestazioni e di servizi dei ceti popolari,di sicurezza e di ordine dei ceti medi,ricorrendo a metodi statalisti e autoritari.Nei seguenti stati:
Portogallo,Polonia,Ungheria,Germania,Austria,Grecia,Cecoslovacchia, Romania ed infine Spagna la democrazia parlamentare crollò.
In Italia il disegno autoritario del fascismo si manifestò ancor prima con la marcia su Roma e con la decisione del re di non emanare il decreto di stato d'assedio che il governo Facta aveva sottoposto al fine di far fronte all'eversione fascista,e la nomina di Benito Mussolini a Presidente Del Consiglio ,pur forte solo di 35 deputati,sono della fine ottobre del 1922.
Il governo Mussolini,una compagnia ministeriale in cui sedevano i comandanti dell'esercito(generale Diaz)e della marina(ammiraglio Thaon di Revel)ottena la fiducia alla camera(306 favorevoli e 116 contrari)inclusa buona parte dei liberali e dei popolari.In Italia il regime parlamentare entrò in crisi prima che altrove non fu una conseguenza della legge elettorale proporzionale del 1919 ma del fatto che le forze politiche che entrarono in quell'occasione alla Camera non furono capaci di esprimere una maggioranza in grado di guidare il paese e fronteggiare i problemi lasciati dalla guerra.La classe dirigente liberale da sola non poteva farcela e le altre forze politiche non volevano e non potevano aiutarla anche perchè erano divise al loro interno.Vi fu così una fase pseudo-parlamentare nella quale il governo Mussolini non governò in maniera così diversa dai governi precendenti.Mussolini teorizzò la costituzione di uno stato nuovo e non esitò a minacciare le istituzioni parlamentari che gli votarono la fiducia ne novebre del 1922.Venne istuita la milizia volontaria per la sicurezza nazionaleche fu presentata come un tentativo di irreggimentare le ''squadracce''con le quali il Partito nazionale fascista era andato al potere e fu limitata la libertà di stampa(1923);furono fatte scelte simboliche come istituire il Natale di Roma il 21 Aprile sostituendolo al
1° maggio e furono stampate le nuove monete del fascio littorio.
Dopo il delitto di Matteotti(1924)e dopo l'abbandono della Camera di gran parte dell'opposizione(l'Aventino),Mussolini decise di sfidare l'opinione pubblica con un famoso discorso del gennaio 1925 col quale si assunse la responsabilità politica di quanto era avvenuto e fece intendere che non sarebbe tornato indietro e sarebbe andato avanti fino a costruire un vero e proprio regime.Poteva farlo grazie alla legge elettorale del 1923(legge Acerbo),aveva oltre il 70% dei seggi alla Camera.Seguirono così:

A)Legge che rafforzava notevolmente il ruolo del presidente del Consiglio,il quale diventava il vero capo del governo e sopprimeva il rapporto fiduciario governo-parlamento che si era instaurato in via consetudinaria

B)Riduzione enti locali ad enti autarchici con vertici di nomina prefettizia,ilpodestà(1926)

C)Istituzione Tribunale speciale per la difesa dello Stato(1926)

D)Scioglimento partiti politici e di associazioni fra le quali la Massoneria(1926)

E)Carta del Lavoro e le leggi corporative che vietavano sciopero e serrata.istutuivano giudici del lavoro e imponevano contratti validi erga omnes stipulati però da sindacati riconosciuti dallo Stato,il tutto con il fine di superare la lotta di classe(1926-27)

F)Costituzionalizzazione del Gran consiglio del fascismo vertice collegiale del Pnf,cioè l'attribuzione di funzioni statali a un organo di partito:l'unico organo a proporre il nome del presidente del Consiglio al re in vista della formazione del governo,sostituendo in questa Camera(1928)

G)nuova legge elettorale affidava la scelta dei membri della Camera al Gran consiglio,in una lista unica che gli elettori potevano solo approvare(1928)

H)Patti Lateranensi di un regime di rapporti con la Chiesa cattolica su base concordataria riconoscendo a essa privilegi grazie ai quali potè annunciare la conciliazione fra Stato e Chiesa(1929)

I)Nuovi codici di pubblica sicurezza,penale e procedura penale:il codice Rocco poneva al primo posto i reati contro la personalità dello Stato .

J)Leggi Razziali che discriminarono pesantemente i cittadini di origine ebraica in contraddizione con l'art 24 dello Statuto(1938)

K)la soppressione della Camera dei deputati sostituita da una Camera dei fasci e delle corporazioni organo formato per decreto del capo del governo e costituito da 500 consiglieri del consiglio nazionale delle corporazioni dai circa 100 membri del consiglio nazionale del Pnf,nonchè dai membri del Gran consiglio del fascismo e dal suo ''duce''

Vincolato il re alla scelta di un capo del governo indicato dal partito unico,soppresso ogni pluralismo politico e sindacale,profondamente violata l'uguaglianza dei cittadini,soppressa la rappresentanza parlamentare,affidata la sicurezza interna a un tribunale speciale,dello Statuto Albertino rimase poco.Tutto ciò senza che il re facesse il minimo gesto per esercitare i suoi poteri(fino al 25 luglio del 1943)


4)DALLA CADUTA DEL FASCISMO AL REFERENDUM DLE 2 GIUGNO 1946
Il 25 Luglio 1943 il Gran cosiglio del fascismo approvando l'ordine del giorno proposto da Dino Grandi sfiduciò il capo del governo e del partito Benito Mussolini facendo appello al re perchè riassumesse la ''suprema inziativa di decisione''ovvero le prerogative che lo Statuo all'articolo 5 gli riconosceva.
Mussolini fu arrestato e il generale Badoglio fu nominato presidente del Consiglio secondo la prassi dei momenti di emergenza dell'Italia monarchica.
Seguirono:L'armistizio di Cassibile(3 settembre 1943) ma fu reso pubblico solo 5 giorni dopo.L'armistizio indicava nel dettaglio ciò che il governo italiano avrebbe dovuto fare per ''ripulire l'ordinamento'' dalle modifiche fasciste.
2)la fuga del governo e del re da Roma al sud (Brindisi)
3)la nascità a nord della Repubblica sociale italiana con a capo Mussolini liberato e sostenuto dai tedeschi(divenuti nemici data la cobelligeranza italiana al fianco delle nazioni unite)
4)vennero sopressi gli istuti creati dal regime fascista e sopresso lo stesso partito Nazionale fascista e restaurate le condizioni minime di pluralismo politico si profilò subito il contrasto fra corona e forze politiche antifasciste del Comitato di liberazione nazionale:ogni decisione imponeva di scegliere fra soluzioni che avrebbero marcato una continuità ovvero una rottura rispetto all'ordinamento statuario.La continuità era sostenuta da casa Savoia e dalle forze interne ed esterne che la sostenvano(Inglesi) mentre la rottura dai partiti antifascisti e dalle forze interne ed esterne che volevano l'instaurazione di un nuovo ordinamento(Americani).Sullo sfondo c'era c'era il giudizio sul fascismo ma sopratutto l'atteggiamento e la responsabilità di Vittorio Emanuele III e della corona in generale,da ciò dipendeva il futuro stesso di casa Savoia.
Il punto di fondo era:La trasformazione dello Stato avrebbe dovuto essere affidata agli statuari(alla Camera dei deputati)oppure a una apposità assemblea costituente che quasi a cent'anni dal Risorgimento le circostanze storiche rendevano possibile? Il contrasto trovò un parziale superamento con il Compromesso Istituzionale a seguito del quale Vittorio Emanuele III abdico in favore del figlio Umberto nominato luogotenente generale del regno e fu decisa la convocazione di un Assemblea nazionale con il compito di fornire pareri al governo,con riferimento particolare alla legge per l'elezione della Costituente.Era formata da 304 membri dei quali 176 nominati dai partiti antifascisti,46 dai sindacati mentre 60 erano ed parlamentari antifascisti,12 rappresentavo i reduci e 10 la cultura,le libere professioni,i dirigenti d'azienda.Nel 1945 venne esteso il diritto al voto anche alle donne,per la prima volta nella storia della costituzione italiana il suffragio divenne veramente universale.Nel marzo 1946,la scelta di due anni prima fu però messa in discussione e riveduta,si decise che a scegliere fra monarchia e repubblica sarebbe stato il corpo elettorale.Volevamo così i monarchici e partiti come la Dc,repubblicana nella dirigenza ma divisa nell'elettorato.Si parlò così di seconda costituzione provvisoria la quale prevedeva espressamente la responsabilità politica del governo davanti alla futura Assemblea costituente.Ma il governo manteneva il potere legislativo,salvo materia costituzionale,le leggi elettorali e l'approvazione dei trattati internazionali:ciò equivaleva a rinviare la prospettiva di riforme radicali.Il 2 giugno 1946 i cittadini votarono per il referendum Istituzionale(scegliendo la repubblica)e per eleggere la Costituente in base a una legge elettorale proporzionale simile a quella con la quale era stata eletta la Camera dei deputati nel 1919.Sull'esito del voto ci fu qualche contestazione a causa della cattiva formulazione dell'art.2 del d.lgs.lgt.98/1946 però contando anche i voti non validi la repubblica avrebbe prevalso.Dopo un breve braccio di ferro e un polemico messaggio di Umberto II e in una dura risposta del governo De Gasperi il 14 giugno alle 15:40 il re partì dall'aeroporto di Ciampino,lasciando per sempre l'Italia.Il successivo 18 giugno la Corte di cassazione proclamò l'esito definitivo del referendum.L'Assemblea costituente s'insediò il 25 giugno e tre giorni dopo Enrico De Nicola capo provvisorio dello stato.Essa risultò composta da:
Dc,Ps,Pci,Unione Dem. Naz.,Uomo Qualunque,Partito Repubblicano,Blocco Naz. Libertà,Partito D'Azione,Altri.



5.LA COSTITUENTE E LA COSTITUZIONE DEL 1948

La Costituente affidò a un apposita Commissione per la Costituzione composta di 75 membri scelti con criterio proporzionale(la Commissione dei 75,appunto)la redazione di un testo di base.Questa elesse presidente(il relatore generale)Meuccio Ruini e si divise in 3 sottocommissioni:una per i diritti e doveri dei cittadini,una per l'ordinamento costituzionale della Repubblica(divisa in 2 sezioni:Potere esecutivo e Potere giudiziario)e la terza per i diritti e i doveri economico-sociali.
Per il coordinamento formale del testo e per risolvere questioni delicate,fu costituito un comitato di redazione di 18 costituenti:coloro che concorsero da posizioni di maggiore responsabilità,anche politica,alla redazione del testo che l'Assemblea avrebbe approvato.il testo base fu presentato in Assemblea nel gennaio del 1947 e discusso per nove mesi in 170 sedute;furono presentati 1663 emendamenti e di questi ne furono accolti 292,un terzo dei quali in materia di ordinamento regionale( con o rapporti con la chiesa,il divorzio e i diritti economico sociali).L'approvazione finale ci fu il 22 dicembre del 1947,453 voti a favoree 62 contro.Alla Costituente non fu affidata la competenza legislativa generale:questo fino alle prime elezioni con l'entrata in vigore della nuova Costituzione, restò al governo così favorendo la continuità dell'ordinamento giuridico.Di ciò fu manifestazione la rinuncia alla preannunciata epurazione(allontamento dal pubblico impiego di coloro che si erano compromessi col fascismo)scelta che dai partiti fu considerata impraticabile anche perchè erano in concorrenza fra loro e alla ricerca di consensi.Si attuò una politica di riconciliazione che si tradusse in molti provvedimenti di clemenza.Sostituire nella pubblica amministrazione coloro che si sarebbero voluti o dovuti epurare non sarebbe stato facile.Così non s'impose ne la ricostruzione dello stato prefascsita(voluto dai liberali)nè il profondo rinnovamento economico,sociale ed istituzionale voluto dal Partito D'Azione e dai riformatori più radicali.L'improvviso accantonamento del presidente del Consiglio espressione del Cln,Ferruccio Parri,sostituito dal democristiano Alcide De Gasperi,fece vedere che si puntava a una democrazia fondata sui partiti di massa obbligati a trovare un intesa tra di loro non tanto sulle rifore da fare subito ma su quelle da fare domani:la Costituzione fu espressione di una rivoluzione mancata,e promessa di una rivoluzione futura(cit.Piero Calamandrei).In effeti la carta costituzionale,entrata in vigore il 1°gennaio del 1948,risultò innovativa,non tanto sul punto cruciale dell'organizzazione dei poteri ma in particolare sulla forma di governo.


In sintesi la Costituzione aveva i seguenti contenuti al suo interno:
-Non conteneva solo norme organizzative e procedurali ma anche  una tavola di VALORI e PRINCIPI che si trova riassunta nei ''Principi fondamentali''(Art.1-12)                                                                        
-formulazione ricca e articolata dei diritti e dei doveri dei cittadini anche quelli economico-sociali(scarsi nelle Statuto)

-Istituti che permettevano il diretto esercizio della sovranità da parte del popolo mediante il referendum sì

-controllo di costituzionalità delle leggi e un organo ad esso deputato,la Corte costituzionale

-Istituzione delle regioni a statuto ordinario e speciale,rompendo la struttura accentrata dell'ordinamento

-Granativa attraverso il Consiglio superiore della magistratura(nuovo nel panorama del costituzionalismo contemporaneo),a composizione mista l'indipendenza della magistratura.

Invece per altri aspetti le soluzioni parvero e furono modeste e deludenti:

A)Si tornò di fatto al governo parlamentare prefascista privo di efficaci istituti di razionalizzazione e perciò affidato alla capacità del sistema partitico d'interpretarlo.

B)Si delineò in forme ambigue la figura del presidente della Repubblica indirettamente rappresentativo

C)Alla fine si scelse un bicameralismo fatto da due Camere di estrazione assai simile e con le stesse funzioni compreso il rapporto fiduciario col governo(unico al mondo)

A differenza d'istituti già presenti nell'ordinamento statuario,quelli nuovi,in alcuni casi per espresso dettato costituzionale o per ovvie egisenze attuative non avrebbero potuto nascere senza successivi adempimenti del legislatore(referendum,regioniCorte costituzionale,Consiglio superiore della Magistratura)
Infine la Costituente confermò per la Camera e introdusse per il Senato leggi elettorali basate su formule proporzionali.



LE FASI DELLA STORIA DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA


La storia costituzionale repubblicana può essere studiata solo incrociando aspetti:Istituzionali e legislativi,vicende politiche e sociali e contesto internazionale.Si riconoscono 4 fasi:

1)una prima fase fu caratterizzata dalla questione dell'attuazione della Costituzione con rifermimento sia alla sua parte organizzativa sia alle sie norme in materia di diritti e libertà.Durò un ventennio(1948-1968) e fu segnata dal centrismo degasperiano,poi dal centro sinistra.Il primo si fondò sull'alleanza di una Dc forte con partiti laici minori di centro destra e centro sinistra.Il centrismo fu la coalizione di governo della prima legislatura (fino al 1953) e sul piano istituzionale si contraddistinse per la grande lentezza nell'attuazione degli istituti previsti dalla Costituzione al punto che l'opposizione parlò di ostruzionismo della maggioranza.Nel corso della seconda legislatura fu possibile attivare la Corte costituzionale.Non fu un fatto da poco,perchè questo ritardo fece si che si affermassero interpretazioni della costituzioni conservatrici e talvolta restrittive delle libertà dei cittadini.Sul piano internazionale il centrismo corrispose al periodo più intenso della guerra fredda.Esso terminò con il fallimento della legge elettorale con premio di maggioranza del 1953.Questa legge prevedeva l'attribuzione del 65% dei seggi alla Camera alla coalizione con la maggioranza assoluta dei voti.Ciò avrebbe permesso alla Dc di governare d aposizioni di forza,meno condizionata dagli alleati.A quelle elezioni il premio non scattò e la Dc decise di orientarsi verso un apertura ai socialisti per staccarlo dal Pci e ''allargare la base democratica''.Nel '63 naquero le coalizioni di centro sinistra e la stessa elezione di Giovanni Gronchi alla presidenza della Repubblica fu espressione di questa strategia.Anche grazie a il suo stimolo fu avviato il disgelo costituzionale:furono nominati i giudici della Corte,fu istituito il Csm(1958) anni dopo furono istituite le regioni('68-'70)e disciplinati i referendum('70).Intanto era stato firmato il Trattato di Roma ed era nata la comunità europea('57).

2)una seconda fase fu caratterizzata da una prima crisi politico istituzionale che mostrò l'incapacità del sistema politico di farvi fronte efficacemente e in tempi adeguati.Durò più di un decennio('68-'79).Il risveglio della società italiana coincise con un fenomeno che si manifestò in tutto l'occidente,innescato dalla rivolta studentesca nei campus in America e poi nelle università europee;in alcuni paesi(Fra-Ger-Ita)si combinò con le aspettative del mondo operaio e si chiedevano la riforma e la modernizzazione di isituizioni,scuole e università.In Italia i governi di coalizione di centro sinistra ebbero molte difficoltà ad agire con l'energia necessaria,paralizzata dai dissensi interni tra progressisti e conservatori;così non seppero dare risposta alle constestazioni e favorirono così la protesta che assunse forme di violenza che divenne endemica .Sempre negli stessi anni si verificarono gravissimi fenomeni di terrorismo stragista non senza connivenze di uomini di apparati deviati dallo Stato.La strategia della tensione fu la causa che fomentò ancor di più la contestazione giovanile e di frange operaie dove trovarono spazio organizzazioni terroristiche che non esitarono a far ricorso all'assassinio politico(Brigate Rosse).Il sistema politico reagì con governi di soledarietà nazionale con inclusione nella maggioranza del Partito Comunista('76-'79).Tutto ciò culminò nel rapimento e nell'uccisione dell'esponente di maggior peso della democrazia cristiana,Aldo Moro(1978).
Sul piano istituzionale il periodo fu segnato dalla centralità del Parlamento,di cui simbolo furono i regolamenti parlamentari del '71;le assemblee rappresentative divennero il luogo istituzionale dove tutte le forze politiche,potevano concorrere a determinare l'indirizzo politico e in certa misura a partecipare al potere.

3)la terza fase fu caratterizzata dal tentativo di aggiornare ed adeguare le istituzioni con aggiustamenti che non mettessero in dicsussione l'ordinamento e il ruolo delle forze politiche.Durò poco più di un decennio('79-'91).Dopo le elezioni anticipate del '79 Dc e Pci non poterono più proeguire la loro stentata collaborazione,anche perchè i rapporti internazionali stavano peggiorando;si varò una forma di governo diversa dalle precedenti,incentrata sulla formazione di pentapartito fra Dc,Psi e partiti laici minori(escludendo il Pci e l'Msi).
Il pentapartito fu contraddistinto per vari anni('81-'87).Dal fatto che, a simboleggiare equilibri politici in qualche misura nuovi,la presidenza del Consiglio affidata a statisti non Democristiani,un anomalia che nella situazione Italiana rispondeva a una sua razionalità.Nella impossibilità politica(non giuridica)di vera e propria alternativa di governo,si realizzava l'alternanza possibile all'interno della maggioranza.I governi pentapartito condussero una strategia di riforme interne al sistema costituzionale,dando vita a una stagione di riformismo quale mai si era vista,per quanto destinata a rivelarsi tardiva.
Fu rivisto il Concordato con la Chiesa(1984),riformati i regolamenti delle Camere per dare più forza al governo in Parlamento e fu ridimensionato il voto segreto(1983-1988);fu varato il nuovo ordinamento della presidenza delConsiglio(1988)rinnovate le procedure di bilancio,varato il primo ordinamento repubblicano delle autonomie locali (1990);fu riformato il codice di procedura penale(1989)varata la prima legge antitrust(1990) e si ratificò il duopolio del sistema radiotelevisivo fra Rai e Mediaset(1990).Tutto ciò non bastò per evitare la crisi perchè la finanza pubblica stav andando fuori controllo per l'eccesso di spesa.Fu così necessario far salire l'imposizione fiscale dal 30 ad oltre il 40% del Pil in soli dieci anni con inevitabili reazioni dai ceti colpiti.

4)la quarta fase fu successiva al fallimento del tentativo del decennio precedente e fu caratterizzata,in un contesto internazionale completamente modificato; Questo dovuto al crollo del comunismo sovietico(simboleggiato dalla caduta del muro di Berlino) e da una seconda grave crisi politico-istituzionale e dall'avvio di una serie di trasformazioni.E' la fase inagurata dal primo referendum sulla legislazione elettorale del 1991.All'inizio degli anni Novanta una serie di elementi si combinarono e suscitarono un movimento per il rinnovamento della politica e delle istituzioni:a all'improvviso venne meno l'esigenza di fare muro contro il comunismo;la competizione all'interno dell'Unione europea mise alla frusta le imprese;i vincoli europei svelarono l'insostenibilità del debito pubblico;la parte più dinamica del paese prese a subire con crescente insofferenza le lentezze e le inefficienze che attribuiva alla burocrazia romana(ecco i successi della Lega Nord) e i partiti tradizionali si rivelarono incapaci di sottrarsi ai bizantinismi di sempre,respinsero ogni forma che riducesse l'influenza di ciascuno dei gruppi dirigenti di cui era composto.Perduta ogni fiducia nella capacità dei partiti di riformare le istituzioni,alcune personalità politiche guidate da Mario Segni tentarono l'aggiramento del sistema partitico facendo ricorso a uno strumento oramai sperimentato per imporre quelle riforme che Parlamento e partiti non volevano fare(a cominciare dalla riforma del sistema elettorale):la stratefia referendaria.Le richieste di referendum abrogativo miravano a intaccare l'impianto proporzionalistico delle legge elettorali,considerato come fondamento del sistema politico italiano o dei suoi difetti.L'impresa non fu facile,dati i limiti posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale che in un primo momento considerò ammissibile nel 1991(sen. N.47) solo il quesito relativo a un aspetto importante ma non cruciale della legge elettorale della Camera(molteplicità delle preferenze),Due anni dopo,modificati i quesiti,si poté tenere il referendum decisivo sul maggioritario che ebbe ad oggetto la legge elettorale del Senato(18 aprile del 1993).
Queste vicende coincisero con una serie serie d'indagini della magistratura sulla corruzione amministrativa e sul finanziamento illecito della politica(mani pulite)che in un paio d'anni concorsero al crollo del sistema partitico che si era instaurato alla fine degli anni Quaranta.Scomparvero:Dc,Psi,Psdi,e di fatto,Pri e Pli.Si trasformarono radicalmente Pci e Msi(divenuto Pds e poi Ds e An).Nacquero partiti nuovi:a sinistra Rifondazione comunista;al centro Ppi e Ccd.Dal nulla sorse in pochi mesi un partito costruito per raccogliere il voto moderato(Forza Italia)fondato da uno dei maggiori imprenditori italiani(Silvio Berlusconi),azionista di maggioranza delle tre maggiori reti televisive private.I referendum produssero importanti novità sul fronte della legislazione elettorale:
elezione diretta di sindaci e presidenti di province delle regioni;nuove formule elettorali a prevalenza maggioritaria per Camera e Senato.Il nuovo sistema partitico rimase frammentato ma fu indotto a competere secondo una logica bipolare,dando vita a due coalizioni dislocate sull'asse destra-sinistra.Ciò permise di dare agli elettori la possibilità di scegleire da chi essere governati per l'intera legislatura.Furono riviste le norme sul finanziamento della politica e sulle campagne elettorali.Si avviò il risanamento della finanza pubblica che consentì all'Italia l'ingresso nell'unione economica e monetaria e il passaggio dalla lira all'euro.Dallo stato imprenditore si passò allo stato regolatore e per questo di moltiplicarono le autorità amministrative indipendenti.Nel contempo fu avviata una fase di forte decentramento dell'amministrazione centrale dello Stato,attraverso il conferimento di funzioni amministrative ad enti locali e regioni e vennero riordinati i ministeri.
7-L'ORDINAMENTO ITALIANO A SESSANT'ANNI DALLA COSTITUZIONE


L'ordinamento costituzionale dell'Italia agli inizi del terzo millennio era giàzdiverso da quello della fine anni '40,né avrebbe potuto essere altrimenti.Provando a stilare un bilancio complessivo delle delle principali modficazioni intervenute,si possono mettere in evidenza i seguenti asepetti.
La Costituzione del '48 ha conosciuto un numero relativamente limitato di modidicazioni.Nel complesso sono stati toccati 34 dei 139 articoli del testo:alcuni sono stati modificati più volte e 5 sono stati abrogati.In nessun caso si è trattato di modificazioni tali da incidere sull'impianto stesso della carta del '48.Si è avuta una serie di revisioni,e non mutamenti costituzionali.Valori e principi sono rimasti quelli riassunti nella parte sui principi fondamentali;Di tutti i primi 54 articoli sono stati modificati solo l'art.27(Pena di morte),l'art 48(voto all'estero)e l'art 51(parità uomo donna):Ad eccezione delle correzioni degli anni dal 1963-1967,tutte le altre innovazioni si concentrano negli anni dal 1989 ad oggi(12 leggi di revisione su 15).La Costituzione nei suoi istituti e nella sua parte organizzativa ha trovato attuazione pressochè integrale.Della ritardata attuazione si è detto:si può aggiungere che con la riforma dell'organizzazione del governo (1999)si può considerare completata anche l'attuazione dell'art 95.3 Cost.Infine vanno sottolineati questi punti essenziali:

-Il prestigio della Corte costituzionale,affermatasi come organo indefettibile dell'ordinamento, forte e consolidato.Essa ha saputo accorciare i tempi delle sue decisioni e svolge le funzioni di garanzia della Costituzione ad essa affidate.

-L'esecutivo e il presidente del Consiglio si sono rafforzati vuoi per effetto del bipolarismo indotto dalla legislazione elettorale,vuoi per i nuovi strumenti normativi sempre più all'altezza delle esigenze di efficienza e di omogeneità del governo democratico

-Il potere normativo si progressivamente spostato dal Parlamento al governo vuoi per effetto dei processi di delegificazione,vuoi per il crescente ricorso alla delega legislativa;Inoltre l'equilibrio si è spostato a seguito del ricorso,da parte del governo,alla decretazione d'urgenza accompagnata dalla posizione della questione di fiducia.

-Le assemblee rappresentative a tutti i livelli,come in tutti i paesi sono alla ricerca di una ridefinizione del proprio ruolo:ridimensionato in via di ridemensionamento il potere di vita o di morte dei governo e circo scritto il potere normativo sono organi ancora pletorici che faticano a riconvertirsi nella tradizione di altre funzioni(rappresentanza,controllo)


-Il presidente della Repubblica ha assolto le sue funzioni che la Costituzione gli affida ma si è trovato periordicamente in dotto ad esporsi a causa delle inadeguatezze del sistema politico assumendo una funzione di vero e proprio contropotere di bilanciamento.

-La magistratura ha affermato la sua propria indipendenza,ma le intollerabili lentezze della giurisdizione ne hanno ridotto il ruolo di garanzia dei diritti dei cittadini.Inoltre il modo come viene spesso interpretato il principio costituzionale della obbligatorietà dell'azione penale ha sollevato dubbi sul mantenere i magistrati giudicanti e i magistrati dell'accusa nel quadro di una stessa carriera;Qui i tentativi di revisione dell'ordinamento giudiziario culminati con l'approvazione della 1. 150/2005 contrastata dalla magistratura e poi ridimensionata.

-L'ordinamento regionale si è consolidato senza che le regioni abbiano potuto assumere il ruolo di interlocutori unici del governo centrale. Così l'ordinsmento italiano resta caratterizzato da un singolare assetto fondato su un pluralismo territoriale particolarmente complesso;esso impone la collaborazione di una molteplicità di enti dotati di un autonomia costituzionalmente garantita.

-Le pubbliche amministrazioni sottoposte da anni a processi di trasformazione molto incisivi che hanno riguardato il rapporto di pubblico impego,le regole base del procedimento amministrativo,l'organizzazione interna,i controlli,il decentramento funzionale,sicchè il loro rendimento va crescendo;Contemporaneamente l'istituzione di autorità amministrative indipendenti ha sottratto compiti di garanzia e regolazione agli apparati ministeriali.

-I diritti fondamentali dei cittadini sono tutelati estensivamente e in misura che non più aggiornata e garantista,sono tutelati estensivamente e in misura che non è paragonabile rispetto a quanto avveniva nelle precendenti fasi della storia costituzionale italiana.Interviene con puntualità il sistema della Convenzione europea dei diritti dell'uomo,sempre più valorizzato dalla stessa Corte costituzionale.

Un aggioramento della parte organzzativa della costituzione sarebbe utile ma mentre sul ciò vi è un ampio consenso sul quando vi è un largo dissensso.
Le considerazioni sono che: le aspettative in termini di prestazioni da parte dei cittadini sono cresciute,l'evoluzione dei fenomeni sociali è troppo rapida per farvi fronte,la concorrenza fuori e dentro l'Europa richiede efficienza e disponibilità a cooperare di soggetti pubblici e privati;le caratteristiche della società opulenta si coniugano con quelle individualistiche e familistiche tipiche della società italiana.Sul piano politico istituzionale un sistema bipolare fino ad oggi ha portato a strumentalizzare qualsiasi ipotesi di innovazione istituzionale.
Per questo si attende che la classe dirigente politca riesca a varare in sufficiente comunione d'intenti riforme in grado di assecondare un più lineare e più equilibrato funzionamento del sistema di governo,il circuito corpo elettorale-elezione dei rappresentanti-invenstitura dell'esecutivo.

LA COSTITUZIONE E I TENTATIVI DI RIFORMARLA

Anche negli anni ormai lontani in cui l'attenzione era verso l'attuazione della Costituzione,vi fu chi ne proponeva la riforma:sia da prospettive contrarie al sistema democratio e sia per favorirne il consolidamento.Fino alla fine delgi anni Settanta,le forze politiche di maggioranza e il maggior partito di opposizione dell'epoca(Pci)furono concordi nel respingere qualsiasi ipotesi di revisione.Insieme essi formavano l'arco costituzionale
formula che esprimeva la costituzione in senso materiale dell'epoca.
Quelle forze politiche(Dc i suoi alleati e il Pci)con i ceti e gli ambienti sociali che rappresentavano,consideravano la Costituzione del 48' una propria espressione:e non avevano la minima intenzione di cambiarla.Nella seconda metà degli anni Settanta,di fronte alle difficoltà di funzionamento del sistema politico-istituzionale,culminate nella drammatica VII legislatura(1976-1979)e simboleggiate dal rapimento e dall'assassinio di Moro,fu un partito di sinistra(Psi)a rompere l'arco costituzionale proponendo incisive riforme costituzionali e lanciando la parola d'ordine della grande riforma,era la fine del 1979 e da li in poi il tema non è più uscito dai progetti delle forze politiche italiane.Le resistenze fuorono enormi ma tuttavia dopo anno dopo anno l'esigenza di modernizzare le istituzioni si fece strada.Lo dimostrano da un lato la politica delle riforme possibili perseguita per un decennio dalle coalizioni pentapartitiche,dall'altro importanti iniziative parlamentari che si sarebbero ripetute anche per affrontare la crisi degli anni Novanta.Le commissioni parlamentari bicamerali costituite nell'arco di quindici anni per dar vita a una complessiva revisione della Costituzione del '48 fuorono ben tre.
Trent'anni di riformismo istituzionale hanno mostrato la difficoltà di procedere a una revisone organica della carte costituzionale.Mai si sono profilati consensi sufficienti a un impresa del genere,nonostante che a partire dagli anni '90 si sia ritentuto di accrescere le possibilità di successo limitando l'ipotizzata revisione alla sola parte seconda:per venire incontro alla preoccupazione di quanti temevano e temono che provenire incotro alla preoccupazione di quanti temevano e temono che porre mano alla parte relativa ai diritti dei cittadini avrebbe potuto ridurre la tutela.Del resto è sempre stata così forte l'idea che a qualsiasi revisione costituzionale si dovesse procedere si dovesse procedere solo con consensi larghissimi.Con un sistema politico maggioritario è presenta a tutti la necessità di evitare riforme costituzionali partigiane destinate ad essere ribaltate da una successiva diversa maggioranza.L'esigenza di consensi ampi ha finito con l'attribuire a ciascuna forza politica potere di veto;ed ha fatto si che spesso,il punto di compromesso fra forze politiche portatrici di disegni assai distanti fra loro venisse trovato sulle base di soluzioni incoerenti e tecnicamente inadeguate.Alla vigilia delle elezioni politiche del 2001,la revisione dell'intero titolo V della Costituzione,fu invece approvata,con solo quattro voti oltre il quorum funzionale,da sola maggioranza di centro-sinistra.Ciò provocò,per la prima volta,la richiesta di referndum costituzionale.Venne a cedere così il veto di fatto in materia di revisione costituzionale che le forze politiche principali si erano riconosciute l'un l'altra in precedenza.Infatti la maggioranza di centro-destra uscita dalle elezioni dello stesso anno si fece a sua volta promotrice di diverse proposte di revisione costituzionale,vuoi correttive della riforma del titolo V vuoi più ambiziosamente indirizzate a riprendere i tentativi di revisione dell'intera parte seconda della Costituzione.Seguendo e portando ad ulteriori conseguenze la strada aperta dal centro-sinistra,il centro-destra approvò da solo,nella XIV legislatura,una complessa iniziativa di revisione,alla quale fu subito chiesto un secondo referendum costituzionale.Quella riforma toccava quasi metà degli 80 articoli della parte II Cost. Intervenendo su quattro punti:forma di governo,bicameralismo,rapporti stati-autonomie,correzzioni al titolo sulle garanzie costituzionali.Avrebbe raffrozato il ruolo del presidente del Consiglio e ridefinito il ruolo del presidente della Repubblicae avrebbe portato a una significativa riduzione del numero dei parlamentari e una netta differenzazione fra le due Camere(Camera dei deputati sola titolare del rapporto fiduciario,mentre il Senato,definito federale avrebbe partecipato alla funzione legislativa in misura limitata);sarebbero state introdotte competenze legislative esclusive delle regioni su alcune materie e restituite allo Stato la tutela dell'interesse nazionale e alcune delle competenze concorrenti di cui l'attuale art 117.3.Il progetto fu approvato fortemente avversato dall'opposizione di centro-sinistra,destinata a divenire maggioranza con l'elezioni del 2006.Essa suscitò reazioni prevalentemente critiche anche in ambito dottrinario.Alcuni giudicavanoche il testo rafforzasse eccessivamente il governo e primo ministro;altri trovarono poco convincente la soluzione individuata per riformare il bicameralismo:infatti con l'intendimento di assicurare un ruolo paritario al Senato,nel momento in cui lo si voleva ancora direttamente eletto e privato del rapporto fiduciario con governo,lo si era caricato di decisive competenze legislative che facevano temere un indebolimento dell'esecutivo in ordine alla sua capacità di perseguire in concreto il proprio indirizzo politico.Sta di fatto che il voto popolare bocciò la riforma con il 61.3% di no e 38.7% di si.
Nella XV legislatura interrottarsi nel febbraio 2008,progetti di revisione nella direzione indicata,pur limitati nel loro contenuto,avevano fatto qualche passo avanti nell'iter parlamentare,sostenuti da ampi consensi.
Con l'avvento della XVI legislatira grazie sopratutto al delinearsi di un sistema partitico assai diverso dal passato,meno frammentato e ,almeno in una prima fase,caratterizzato da una maggioranza omogenea e da un clima più costruttivo nei rapporti governo-opposizione,era sembrata profilarsi una ripresa dell'impegno riformistico tale da poter sfociare in una più o meno ampia riorfa della parte seconda della Costitizione.Ma le polemiche contingenti sono tornate a rendere tale prospettiva difficile in un alternarsi continuo di fasi di ottimismo e fasi di stallo.Gli insuccessi però non tolgono affatto che diversi importanti istituti della parte seconda della Costituzione giustificherebbro incisivi interventi.
Qui richiamiamo in particolare: a) riforma del bicameralismo paritario e indifferenziato per dare un senso all'esistenza di due diversi rami del Parlamento che si giustificano solo se diversi per funzioni e rappresentatività;dopo la riforma a titolo V s'impone l'esigenza d'individuare al centro dell'ordinamento la sede della rappresentaza degli interessi sub-nazionali a partire dalle regioni ed infine è urgente sottrarre al senato il rapporto fiduciario col governo; b) messa a punto della forma di governo in modo da integrare efficacemente la legislazione elettorale;dotare il Presidente del Consiglio dei ministri di poteri giuridici che ne consolidino la supremazia e le responsabilità all'interno delle compagine di governo,chiarendonel contempo il ruolo del Presidente della Repubblica;occorrerebbe dare un riconoscimento costituzionale al ruolo dell'opposizione e prevedere disposizoni che disciplinino eventuali conflitti d'interesse; c) correzione equilibrata dell'art 117 con riferimento alle competenze legislative di Stato e regioni,sulla base dell'esperienza di questi anni e della giurisprudenza della Corte costituzionale.
A queste priorità vi sono altri temi:le norme del titolo IV sulla magistratura,qualche prudente correttivo all'organizzazione e al funzionamento della giustizia costituzionale norme che disciplinino i rapporti fra ordinamento italiano e ordinamento dell'Ue,la soppressione dei riferimenti alle province presenti nel titolo V.Più difficile pensare di poter procedere a modifiche della parte prima sui diritti e doveri che meriterebbe alcuni aggiornamenti(Es:libertà d'informazione).Quanto agli strumenti da utilizzare sembra improbabile il ricorso a procedimenti speciali(al posto dell'art.138 Cost. così com'è).Ma restano proposte per modificarlo,alzando il quorum necessario per la revisione,ovvero per sopprimere il terzo comma,consentendo in ogni caso la richiesta del referendum confermativo,ovvero ancora per rendere quest'ultimo obbligatorio.
Un revisione costituzionale potrebbe essere preceduta da un adeguamento dei reoglamenti parlamentari in coerenza con la mutata struttura del sistema partitico;e dovrebbe essere accompagnata da modifiche alla legge elettorale.Per abrogarne alcune parti si è tenuto nel 2009 un referendum fallito per il non raggiungimento del quorum.Una nuova iniziativa è stata presentata nel 2011 con l'obbiettivo di prevenire,con abrogazione della riforma del 2005,al ripristino della legislazione elettorale del '93(sistema elettorale per ¾ imperinato su collegi uninomali con formula plurality)sperò senza riuscire a superare il giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale.In materia elettorale strategie e interessi restano contrapposti.Chi vuole consolidare l'assetto bipolare e la riduzione della frammentazione punta a limitate modifche della legge attuale oppure alla introduzione della formula simile a quella spagnola o al sistema maggioritario uninomiale(uno o due turni).Chi considera forzoso il bipolarismo punta a un sistema di tipo tedesco.Ogni prospettiva di rifroma è condizionata dai contingenti rapporti fra i partiti sia dalla complessiva evolzione del sistema politico.Entrambi appaiono in trasformazione dopo la crisi del quarto governo Berlusconi la cui maggioranza iniziò a sfaldarsi dalla metà del 2010 con il discatto di molti deputati e senatori,costituitisi in gruppi parlamentari autonomi schierati all'opposizione.La crisi dell'auro innescata dal debito greco ma riversatasi sull'Italia faceva il resto indebolendo le capacità d'indirizzo del presidente del Consiglio e inducendo altri parlamentari ad abbandonarlo.Questo assieme ala pressione dei mercati per misure più drastiche che quel governo non era in grado di adottare costringeva Silvio Berlusconi alle dimissioni nel novembre del 2011 accettando di sostenere con il suo partito,insieme all'opposizione,un nuovo governo affidato all'ex commissario europeo e neosenatore Mario Monti.Era considerato la personalità più adatta a fronteggiare la crisi per ciò che riguardava l'Italia e a concorrere in sede di Unione Europea al salvataggio dell'euro.Monti sostenuto dal capo dello Stato formava un governo senza personalità designate dai partiti,composto sostanzialmente dai tecnocrati,snello(18 ministri)con l'obbiettivo di governoare credibilmente la finanza pubblica cercando di rilanciare l'economia fino alla scadenza della legislatura.Vi erano comunque ancora molte incognite:legge elettorale non sottoponibile a referendum per decisione della Corte costituzionale e da riformare prima delle nuove elezioni;la tenuta di una composita larga maggioranza con periodiche fasi s'incertezza;la capacità del governo di farsi seguire da un parlamento che lo sostiene ma di cui non è espressione capacità che va a indebolirsi più s'avvicina la scadenza elettorale e si sarebbe avanzata l'ipotesi di anticipare il voto a fine del 2012.Su tutto rimaneva l'incertezza sulla possibile evoluzione della forma di governo e della soppravvivenza del sistema bipolare del sistema politico,al momento in cui dopo l'elezioni i partiti si sarebbero tornati ad assumere le responsabilità.L'assetto bipolare fu continuato ad essere difeso da molti, mentre altri ritenevano che una grande coalizione che continuasse a coinvolgere gran parte dei due schieramenti di centro-destra e di centro-sinistra,con la conferma di Monti alla guida del governo,utile a fronteggiare una crisi lungi da dirsi superata.

Cap. 17 - LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE


Cap. 17 - LA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE

1. LE ORGINI E I MODELLI DELLA GIUSTIZIA COSTITUZIONALE
Le forme fondamentali di garanzia della costituzione sono:
- il procedimento di revisione costituzionale;
- la giustizia costituzionale.
Il procedimento di revisione ha la funzione di garantire la rigidità della costituzione, assicurando forme aggravate di deliberazione; la giustizia costituzionale ha la funzione di garantire la supremazia della costituzione. Essa assicura il rispetto delle sue norme, attraverso la risoluzione in forma giurisdizionale delle controversie relative alla legittimità costituzionale degli atti legislativi o relative alle attribuzioni degli organi e soggetti costituzionali.
La giustizia costituzionale è una delle conquiste più recenti del costituzionalismo moderno.
Un precedente si trova nella giurisprudenza del giudice inglese Sir Edward Coke, il quale, nel caso Bonham (1610), sostenne che quando un atto del parlamento è contrario al diritto e alla ragione comune o di impossibile attuazione, la common law lo controllerà e lo potrà giudicare nullo. Tale dottrina, tuttavia, non ebbe seguito in Inghilterra dopo la Gloriosa Rivoluzione, che consacrò il principio della sovranità del parlamento (come dicono gli inglesi: i giudici devono applicare le leggi del parlamento e non possono pronunciarsi sulla costituzionalità o validità di esse).
Furono le colonie americane a riconoscere nella costituzione la garanzia contro ogni forma di assolutismo o dispotismo. Sicché il principio della superiorità della costituzione rispetto alla legge e il conseguente riconoscimento del ruolo di tutori di essa riservato ai giudici, affermati prima dagli autori del Federalist (1787-1788) e poi da John Marshall nella storica sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti Marbury vs. Madison (1803).
Nel continente europeo non vi erano allora le premesse per uno sviluppo simile: il costituzionalismo nato dalla Rivoluzione francese, infatti, sostituì l'assolutismo monarchico con una sorta di assolutismo dell'assemblea nazionale, che respingeva qualsiasi forma di controllo esterno, e forme di sindacato da parte dei giudici.
L'esigenza di assicurare l'unità dello stato di fronte al prorompere del pluralismo sociale agli inizi del XX e quindi a chi affidare il compito di garantire la costituzione, fu la base della polemica tra i due grandi costituzionalisti tedeschi: 
  1. Hans Kelsen (costituzione = regola sulla produzione del diritto) suggeriva il ricorso a un organo giurisdizionale: una corte che, in posizione di indipendenza rispetto ai soggetti da controllare, avrebbe esercitato la funzione di garantire la regolarità dei meccanismi di decisione stabiliti dalla costituzione.
  2. Carl Schmitt (costituzione = decisione politica fondamentale) riteneva che la sua garanzia poteva essere affidata solamente ad un organo che rappresentasse direttamente l'unità politica del popolo, e che tale organo non potesse che essere il capo dello stato (guarda alla Repubblica di Weimar).
Nel primo ma soprattutto nel secondo dopo guerra, molte costituzioni recepirono il modello di Kelsen e istituirono tribunali costituzionali: la prima fu la Costituzione dell'Austria (1920-1929). Organi di giustizia costituzionale sono stati poi previsti in Italia (1948), Germania (1949), Spagna (1978), nonché, negli anni Novanta, in quasi tutti i paesi dell'Europa centro-orientale.





I principali ambiti in cui opera la giustizia costituzionale, in linea con le sue origini storiche sono:
  1. controllo di costituzionalità degli atti legislativi sotto il profilo formale (conformità alla norme costituzionali sul procedimento di adozione dell'atto), sia sotto il profilo sostanziale (conformità al dettato delle norme costituzionali);
  2. il sindacato sulle controversie tra i diversi organi o soggetti costituzionali relative alle loro competenze costituzionali;
  3. tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti.

Fra i sistemi di controllo giurisdizionale di costituzionalità la summa divisio è tra sistema diffuso e sistema accentrato.
  • Nel sistema diffuso il controllo di costituzionalità è affidato a tutti gli organi giudiziari, i quali, in caso di contrasto con la costituzione, disapplicano la legge con efficacia limitata al caso in esame. L'esempio principale di tale modello è quello vigente negli Stati Uniti (judicial review of legislation) dove l'esigenza di unità dell'ordinamento è assicurata: 
  1. dal fatto che il potere giudiziario ha una struttura piramidale, al cui vertice è collocata la Corte Suprema cui spetta l'ultima parola sulla costituzionalità della legge;
  2. dal principio dello stare decisi, ossia del precedente vincolante dal quale è possibile di fatto discostarsi solo in casi particolari.
  • Nel sistema accentrato il controllo di costituzionalità è affidato ad un unico tribunale costituzionale, istituito ad hoc. Il sindacato accentrato è caratterizzato dal fatto che il tribunale decide in via definitiva con efficacia erga omnes, espungendo dall'ordinamento le norme incompatibili con la costituzione, e non solo disapplicandole.
Quanto ai modi di attivazione della giurisdizione costituzionale, si può distinguere tra:
  • controllo preventivo e controllo successivo, a seconda che la pronuncia avvenga prima dell'entrata in vigore dell'atto la cui legittimità costituzionale è in discussione (come in Francia) o che avvenga dopo la sua entrata in vigore (come in Italia e in Germania);
  • controllo in via diretta (in via d'azione) e in via indiretta (in via incidentale) a seconda che sia consentito, ai soggetti legittimati a farlo, d'impugnare direttamente (senza filtri) oppure indirettamente (solo in certi ambiti e a certe condizioni) gli atti che si assumono contrastanti con la costituzione.
La Costituente ha introdotto in Italia un modello di giustizia costituzionale che per un verso è accentrato, essendoci una Corte costituzionale; per un altro diffuso perché tutti i giudici possono attivarne lo scrutino di costituzionalità. Per questo si definisce modello misto. Esso combina controllo accentrato da un lato acceso diretto e indiretto dall'altro.

2. LA CORTE COSTITUZIONALE: COMPOSIZIONI E FUNZIONI
L'organizzazione e il funzionamento della Corte costituzionale sono disciplinati solo in parte dalla Costituzione (artt. 134-137). Sulla base di esplicite previsioni normative molte disposizioni in materia sono contenute:
  1. in alcune importanti leggi costituzionali ex art 137.1 Cost. (l. cost. 1/1948 introduzione del giudizio di legittimità in via incidentale);
  2. in disposizioni legislative ordinarie es art. 137.2 Cost (l. 87/1953);
  3. in fonti regolamentari interne adottate dalla stessa Corte costituzionale (regolamento generale del 1966 e le norme integrative del 2008, previsti dalla legge 87);
La Corte costituzionale è composta da 15 giudici che sono nominati:
  1. per 1/3 dal presidente della Repubblica;
  2. per 1/3 dal Parlamento in seduta comune;
  3. per 1/3 dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative (art.135.Cost.)

Tutti i giudici costituzionali sono scelti fra i magistrati a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, i professori ordinari di università in discipline giuridiche e gli avvocati con anzianità professionale di almeno vent'anni (art. 135.2). 
  • I giudici di nomina parlamentare sono eletti con una maggioranza dei due terzi per le prime tre votazioni, e poi dei tre quinti, sempre dei componenti. 
  • l presidente della Repubblica nomina i giudici con proprio decreto, atto considerato sostanzialmente presidenziale.
  • Dei giudici delle magistrature superiori, tre sono eletti dai magistrati della Corte di cassazione, uno da quelli del Consiglio di stato, uno da quelli della Corte dei conti.
Il mandato dei giudici costituzionali dura 9 anni della data del giuramento e cessa senza prorogatio: non sono rieleggibili (art 135.3 e 4). Il presidente della Corte è eletto dai suoi componenti per 3 anni ed è rieleggibile (art. 135.5), ma ciò è accaduto solo tre.
Quanto allo status di giudice costituzionale, la Costituzione stabilisce che il relativo ufficio è incompatibile con la carica parlamentare, di consigliere regionale, con la professione forense e con ogni altra carica o ufficio indicati dalla legge (art.135.6). Le garanzie di indipendenza, le immunità e le prerogative dei giudici della Corte sono in sostanza equiparate a quelle del parlamentare.

La Corte costituzionale è competente a giudicare (art.134 Cost.):
  1. sulle controversie alla legittimità delle leggi atti aventi forza di legge dello Stato e delle leggi delle regioni;
  2. sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e sui conflitti tra lo Stato e le regioni tra regioni;
  3. sulle accuse promosse dal Parlamento in seduta comune contro il presidente della Repubblica in caso di alto tradimento e attentato alla Costituzione;
La Corte è inoltre competente a giudicare sull’ammissibilità delle richieste di referendum abrogativo (art.2l.cost.1/1953).
Il metodo di lavoro della Corte costituzionale è importato al principio di collegialità (art.16 l. 87/1953). Alla decisione della questione, che deve essere adottata a maggioranza assoluta, fermo il quorum strutturale di 11 giudici, devono partecipare tutti i giudici presenti all’udienze in cui si è svolto il giudizio (il collegio giudicante non può essere modificato nel corso del giudizio, salvo in caso di forza maggiore; non è possibile astenersi dalla deliberazione). Le adunanze si tengono in udienza pubblica salvo motivi eccezionali per i quali il presidente della Corte può disporre che la riunione si svolga a porte chiuse.
Il presidente nomina, nella fase iniziale dell’esame, un giudice relatore per l’istruzione e la relazione della causa. Avvenuta la votazione, viene nominato un giudice redattore del provvedimento; il testo così predisposto viene sottoposto all’esame del collegio e, se approvato, viene sottoscritto dal presidente e dallo stesso redattore. La coincidenza tra il giudice relatore e il giudice redattore è la regola nella prassi della Corte. Non mancano alcuni episodi di dissociazione delle due figure che possono essere ricollegati all’eventualità che la tesi del relatore sia rimasta in minoranza in seno al collegio. In tal senso, dal 2003, nella sentenza 393/2006 la sostituzione viene espressamente descritta, come accadimento processuale, nel testo della pronuncia. Il fenomeno, merita attenzione poiché fortemente collegato con la discussione sull’opportunità di introdurre nel nostro ordinamento l’istituto della opinione dissenziente previsto in altri ordinamenti.

  1. IL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE: L’OGGETTO E IL PARLAMENTO
L’art 134 Cost. circoscrive il sindacato di costituzionalità alle “leggi e agli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle regioni”. Oggetto di controllo sono dunque:
  1. le leggi ordinarie dello Stato;
  2. gli atti aventi forza di legge dello Stato;
  3. le leggi regionali e leggi delle province autonome di Trento e Bolzano.
Il termine di raffronto ai fini del giudizio della Corte, il parametro, è dato prima di tutto dalle norme costituzionali; in secondo luogo da quelle norme diverse dalla Costituzione cui la Costituzione fa rinvio obbligando il legislatore a rispettarle (norme interposte).
Nel nostro sistema sono sottoposti al controllo della Corte costituzionale esclusivamente gli atti normativi primari (statali e regionali). Non sono sottoposti alla Corte:
  • le fonti fatto (consuetudini) 
  • gli atti normativi secondari (regolamenti: subordinati alla legge, sono sindacabili davanti al giudice amministrativo che può annullarli e quello ordinario che può disapplicarli). 
  • atti di altri ordinamenti (es. atti normativi dell'Unione Europea) 
  • i regolamenti parlamentari.

  • Leggi costituzionali e leggi di revisione costituzionale. La loro sindacabilità discende appunto dalla distinzione tra Costituzione e leggi costituzionali: la Costituzione, in quanto legittima ogni processo di produzione del diritto, ha valore superiore rispetto a tutti gli atti normativi posti in essere dai poteri costituiti, e quindi anche rispetto alle leggi di rango costituzionale che devono essere approvate secondo il procedimento dell'art. 138 Cost. (profilo formale). Sotto il profilo sostanziale la Corte individua i limiti alla revisione costituzionale, al di là di quelli esplicitamente previsti dalla Costituzione (art.139).
  • Leggi ordinarie dello Stato, leggi regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano. Tutte le leggi dello Stato, delle regioni e delle province autonome possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale: ciò sia per ragioni relative alla forma e al procedimento di adozione dell'atto, sia per ragioni relative al contenuto delle prescrizioni normative.
  • Atti dello Stato aventi forza di legge: decreti legge. La possibilità effettiva che un decreto legge adottato dal governo sia giudicato dalla Corte è condizionata dalla provvisoria vigenza del decreto stesso (60 giorni). È in fatti improbabile che la pronuncia della Corte intervenga prima della conversione in legge. Un tempo l'orientamento prevalente era che i vizi del decreto legge dovessero essere fatti valere entro il termine di vigenza, ma successivamente la giurisprudenza della Corte ha consentito l'intervento della stessa sia nel caso di decreti legge reiterati sia nel caso di decreti legge convertiti dal Parlamento in mancanza di presupposti costituzionali e infine nel caso di decreti legge modificati dal Parlamento con emendamenti del tutto estranei al testo originario.
  • Atti dello Stato aventi forza di legge: decreti legislativi. Nel procedimento di delegazione legislativa occorre distinguere la legge di delegazione, sindacabile sia sotto il profilo formale sia sostanziale, e il decreto legislativo, sindacabile anche per violazione dei limiti posti dalla legge di delegazione ex art. 76 Cost. 
Le leggi di delegazione rientrano nella categoria delle norme (parametro) interposte tra la Costituzione e l'atto legislativo oggetto di controllo. Si usa dire che le norme cui la Costituzione rinvia giocano, nel giudizio di legittimità costituzionale, il ruolo di norme interposte, poste tra la Costituzione e la legge e pertanto al di sopra della legge sottoposta al giudizio della Corte. Altre norme interposte sono le leggi statali, che stabiliscono i principi fondamentali nelle materie di competenza concorrente ex. art 117.3 Cost (parametro ai fini del giudizio di legittimità di leggi regionali), nonché le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute ex art.10.1 Cost. e le norme di trattati internazionali, a partire dalla Cedu, in relazione a quanto previsto dall' art. 177.1 Cost. La corte ha invece escluso la possibilità di sindacare le leggi eventualmente approvate in violazione di norme dei regolamenti parlamentari cui pur tuttavia l'art. 72.1 Cost. rinvia: essi non possono quindi fungere da parametro interposto.
  • Statuti regionali ordinari. In base all’art. 123 Cost., la Corte può essere chiamata a sindacare, su richiesta del governo, la legittimità costituzionale degli statuti delle regioni ordinarie. Vanno ricordate: 1) la natura preventiva del controllo di legittimità per evitare che gli eventuali vizi si riversino nell’attività legislativa e amministrativa della regione); 2) la specificità del paramento di legittimità, costituito dal limite dell’armonia con la Costituzione.

4. I VIZI SINDACABILI DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
Un atto normativo per essere costituzionalmente legittimo deve essere, oltre che esistente (esteriormente individuato o individuabile), valido, cioè conforme alle norme che ne disciplinano la forma, il procedimento e il contenuto. Sotto questi profili si può parlare di illegittimità costituzionale dell'atto con riferimento a: 
  • vizi formali: attengono all'atto in quanto tale, e si hanno quando un atto legislativo non rispetta le regole che ne disciplinano il procedimento di formazione o anche la forma di pubblicazione;
  • vizi sostanziali: attengono al contenuto di un atto normativo, indipendentemente da come è stato formato; si ha vizio sostanziale:
  1. quando il contenuto dell’atto lede la disciplina desumibile da una o più norme costituzionali (vizio sostanziale tout court);
  2. quando il suo oggetto non rispetta l'ambito materiale di competenza assegnato all'atto legislativo dalle norme costituzionali (vizio sostanziale per incompetenza).
Nel primo caso rientrano gli atti legislativi che discriminano i cittadini in base al sesso, violando l’art. 3.1 Cost., nel secondo caso rientra una legge dello Stato che interviene in una materia di competenza regionale, violando l'art. 117 Cost. 
La giurisprudenza della Corte include tra i vizi che possono dar luogo ad illegittimità costituzionale anche il vizio di irragionevolezza della legge. Il principio di ragionevolezza e il correlativo vizio sono considerati strumenti utili a valutare tutte le ipotesi di atti normativi contrari alla funzione generale del diritto e della Costituzione: essa consiste nel conciliare ragionevolmente, la pluralità e la diversità (di regole, di valori, di interessi) con l'esigenza di coerenza delle parti nel tutto.

5. L' ACCESSO AL GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
Vi sono due modi di accesso al giudizio di legittimità costituzionale:
  • l'accesso diretto “in via d'azione” da parte dello Stato contro le leggi regionali e delle regioni avverso leggi o atti aventi forza di legge dello Stato (art.127 Cost);
  • l'accesso indiretto “in via incidentale” che si ha quando la questione di legittimità costituzionale di una legge o atto avente forza di legge dello Stato o di una legge regionale sorge ''nel corso di un giudizio'' (art. 1 l. cost. 1/1948). 
In questo modo si è cercato di conciliare due esigenze diverse: delimitare sul piano soggettivo le vie di accesso al giudizio della Corte e assicurare l'efficienza del giudizio di illegittimità costituzionale. Infatti la soluzione prescelta:
  1. lega la possibilità di adire la Corte all'esistenza di una concreta controversia pendente davanti un giudice, al quale solo spetta sollevare la questione di illegittimità costituzionale;
  2. limita i ricorsi diretti a soggetti istituzionali qualificati, quali lo stato e le regioni, escludendo altre ipotesi di ricorso diretto, come quello di minoranze parlamentari (come avviene in Francia, Austria, Portogallo e Spagna)
Non è previsto il ricorso diretto da parte di ciascun cittadino per la tutela dei propri diritti fondamentali lesi da un atto dei pubblici poteri (come in Spagna o in Germania). 

6.  I GIUDIZI SULLE LEGGI: IL GIUDIZIO IN VIA INCIDENTALE
Il giudizio in via incidentale (o anche in via d'eccezione, per distinguerlo dal giudizio in via d'azione) si ha quando la questione di legittimità costituzionale sia stata sollevata nel corso di un procedimento davanti a un' autorità giurisdizionale. Il controllo della Corte costituzionale presuppone quindi l'esistenza di un giudizio, chiamato giudizio principale (o anche giudizio a quo), per contrapposizione al giudizio incidentale che si svolgerà innanzi alla Corte stessa.

(1) Quali organi giurisdizionale possono rimettere la questione di legittimità costituzionale alla Corte, cioè l'individuazione del giudice a quo (l'organo giudicante legittimato a rinviare la questione di costituzionalità della Corte)? Possono promuovere la questione di costituzionalità non solo i giudici ordinari ed amministrativi, ma anche un'estesa e variegata categoria di altri organi, talora estranei all'ordinamento giudiziario, comunque dotati di funzioni giudicanti (la sezione disciplinare del Csm; le sezioni della Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato e nell'esercizio delle funzioni di controllo; le commissioni tributarie; le commissioni per la liquidazione degli usi civici; i collegi arbitrali).
La corte costituzionale richiede due requisiti:
  1. requisito soggettivo: ossia l'esistenza di un giudice, incardinato nell'organizzazione della magistratura ordinaria o amministrativa;
  2. requisito oggettivo: esistenza di un giudizio in senso tecnico, ovvero di attività qualificabile come esercizio di una funzione giurisdizionale.
In alcuni i casi i due criteri vengono utilizzati in modo alternativo, in altri devono ricorrere congiuntamente. La Corte costituzionale, del pari, ha sempre riconosciuto in capo a se stessa la legittimazione a sollevare questioni di legittimità in via incidentale: anche il giudice costituzionale può essere giudice a quo.

(2) Chi, nel corso del processo, può sollevare la questione di legittimità? Essa può essere essere:
  1. sollevata su istanza da una delle parti del giudizio;
  2. sollevata d'ufficio da parte dello stesso giudice al quale pende il giudizio principale.
Le parti e il giudice devono precisare i termini e i motivi della questione di costituzionalità, individuando:
  1. le disposizioni della legge o l'atto avente forza di legge dello Stato o della legge di una regione che si ritengono viziate da illegittimità costituzionale (oggetto);
  2. le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali che si assumono violate (parametro)

(3) Quali condizioni devono verificarsi affinché la questione di legittimità costituzionale possa accedere al giudizio della Corte? Il giudice a quo deve preliminarmente accertare l'esistenza di due condizioni di ammissibilità: che la questione di costituzionalità
  1. sia rilevante: una questione è rilevante quando ha oggetto una disposizione di legge la cui applicazione è necessaria per definire il giudizio in corso;
  2. sia non manifestamente infondata: la questione deve essere ragionevolmente seria e non presuntuosa; non si richiede che il giudice a quo confidi sulla fondatezza della questione, ma solamente che il giudice accerti sommariamente che sussiste un dubbio sulla costituzionalità della legge che si tratta di applicare (basta il minimo dubbio).
A partire dalla sentenza 356/1996, la Corte costituzionale richiede sempre più frequentemente che prima di sollevare una questione di costituzionalità, il giudice a quo svolga ogni tentativo diretto a verificare se il dubbio di legittimità possa essere superato per via interpretativa, ricercando, tra quelle possibili, l'interpretazione della disposizione oggetto del dubbio che consenta di renderla non in contrasto con la Costituzione. 
Si parla dell'obbligo per il giudice di operare l'interpretazione conforme a Costituzione: secondo la Corte, infatti, in linea di principio, le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile darne interpretazioni costituzionali. Si discute in dottrina se, di fatto, non sia stata così introdotta una ulteriore condizione di proponibilità della questione di legittimità.
In presenza dei suddetti presupposti il giudice a quo, non potendo disapplicare la disposizione ne tanto meno dichiararla illegittima, deve sospendere il giudizio in corso per rimettere con ordinanza la questione di illegittimità alla Corte costituzionale. L'ordinanza deve contenere oggetto e parametro; nonché le risultanze della deliberazione circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza stessa. Se il giudice costituzionale, non riscontra l'esistenza delle due condizioni di ammissibilità, respinge con ordinanza motivata l'eccezione di illegittimità costituzionale per irrilevanza o per manifesta infondatezza: il valore di questa decisione è limitato alla fase del processo in cui è giunto il giudizio, ben potendo l'eccezione essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo.
Il fatto che il giudice a quo debba preventivamente accertare la sussistenza della rilevanza e della non manifesta infondatezza indica che il giudizio in via incidentale ha carattere indisponibile: se ricorrono quei presupposti, il giudice deve adire la Corte (non può astenersi).
(4) Deciso il rinvio alla Corte, il giudice a quo provvede a notificare l'ordinanza sia alle parti in causa sia al pubblico ministero, se presente. Qualora in discussione sia la legittimità di una legge statale, è prevista la notifica anche al presidente del Consiglio dei ministri; nel caso di una legge regionale, al presidente della giunta regionale. L'ordinanza è altresì comunicata ai presidenti delle Camere o al presidente del consiglio regionale. L'ordinanza è poi pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (alla voce “atti di promovimento del giudizio della Corte”) e, quando occorre, nel Bollettino Ufficiale della regione interessata (essa serve a far si che tutti gli operatori del diritto potenzialmente interessati siano messi al corrente dell'imminente giudizio di legittimità). Entro 20 giorni dell'avvenuta notifica dell'ordinanza, le parti del processo a quo possono costituirsi nel giudizio innanzi alla Corte. 
Le finalità del giudizio di costituzionalità rimangono quelle, oggettivamente rilevanti per l'ordinamento, di accertare la costituzionalità di determinare norme, al di là degli interessi delle parti nel giudizio a quo pendente e sospeso. Costituendosi innanzi alla Corte, però, le parti presentano argomenti idonei a sostenere un esito favorevole agli interessi da esse perseguiti nel giudizio di provenienza. Trascorsi i 20 giorni dalla notifica dell'ordinanza di rinvio, il presidente della Corte nomina un giudice relatore e convoca la Corte entro i 20 giorni successivi per la discussione della questione.

7. I GIUDIZI SULLE LEGGI: IL GIUDIZIO INVIA D'AZIONE
Il giudizio in via d'azione si apre direttamente mediante:
  1. ricorso dello Stato contro leggi regionali che eccedono la competenza della regione;
  2. ricorso della regione contro leggi e atti aventi forza di legge dello Stato o contro leggi di altri regioni che ledano la sua sfera di competenza.
Il giudizio in via d'azione ha carattere di procedimento:
  • astratto, nel senso che le disposizioni impugnate vengono valutate sotto il profilo del proprio contenuto prescrittivo, a prescindere dalla loro concreta applicazione (non vi è un giudizio pendente come nel caso del ricorso in via d’eccezione). 
  • disponibile, essendo il giudizio di costituzionalità in questa ipotesi un giudizio di parti: i coinvolti possono, non devono, fare uso del potere di ricorrere direttamente alla Corte (potendo risolvere i contrasti insorti con accordi politici).
Fino alla riforma del titolo V della Costituzione vi era un' importante differenza fra il ricorso statale contro una legge regionale e quello regionale contro una legge statale: il primo aveva carattere preventivo, il secondo successivo. Oggi hanno entrambi carattere successivo nel senso che riguardano disposizioni già in vigore, ed entrambi possono essere promossi entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge statale e regionale. Quanto alla titolarità del ricorso, esso è presentato dal presidente del Consiglio dei ministri,previa delibera del Consiglio dei ministri, e dal presidente della giunta, previa delibera della giunta regionale, indicando l'oggetto e il parametro.
Quando è promossa questione di legittimità costituzionale in via d'azione, la Corte costituzionale fissa l'udienza entro 90 giorni. Se la Corte ritiene che l'esecuzione dell'atto impugnato possa comportare un irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico, all'ordinamento della Repubblica o ai diritti dei cittadini, può sospenderne l'efficacia, in attesa del giudizio.
Sotto il profilo sostanziale del ricorso, lo Stato può impugnare leggi regionali per qualsiasi vizio di legittimità costituzionale, invocando qualsivoglia parametro costituzionale; invece, le regioni possono impugnare leggi dello Stato o di un'altra regione solo nell'ipotesi di invasione della competenza ad essa assegnata da norme della Costituzione o da norme legislative interposte, come i decreti di attuazione degli statuti speciali o i decreti concernenti il trasferimento di funzioni statali.

8. I GIUDIZI SULLE LEGGI: TIPOLOGIA DELLE SENTENZE 
8.1. La classificazione delle decisioni in generale
Il giudizio di costituzionalità sulle leggi, in entrambe le tipologie di ricorso viste, si chiude con una decisione della Corte costituzionale. Le decisioni hanno una forma tipica:
  1. le sentenze, quando la Corte giudica in via definitiva;
  2. le ordinanze, in tutti gli altri casi 
  • provvedimenti interlocutori: quando la Corte restituisce gli atti al giudice a quo perché meglio motivi l'ordinanza di rimessione;
  • ordinanze di manifesta inammissibilità: quando le decisioni assunte mancano di uno dei requisiti necessari; 
  • ordinanze di manifesta infondatezza: quando la Corte dichiara la manifesta infondatezza della questione senza bisogno di verifiche approfondite.
Sia le sentenze che le ordinanze sono incluse in una comune numerazione progressiva annuale. Mentre le ordinanze succintamente motivate, le sentenze hanno una struttura tipica in cui si distinguono:
  1. la motivazione in fatto: l'esposizione dei fatti della causa;
  2. la motivazione in diritto: le ragioni che giustificano le decisione adottata;
  3. il dispositivo: la soluzione della controversia costituzionale
Le decisioni della Corte, a seconda del contenuto, possono distinguersi in:
- decisioni processuali: il giudizio lascia impregiudicata la questione di costituzionalità (riguarda infatti pronunce di inammissibilità per difetto di rilevanza o per carenza di giurisdizione del giudice a quo)
- decisioni in merito: la Corte entra nel merito della questione di legittimità e la risolve (con una pronuncia di fondatezza o non fondatezza)
Le sentenze di merito della Corte possono essere classificate secondo criteri, alternativi e concorrenti: secondo l'esito del giudizio che può essere di accoglimento o di rigetto della questione di costituzionalità. Tale esito può essere raggiunto seguendo diversi percorsi interpretatevi che consentono di trarre da una medesima disposizione più di una norma. Le sentenze di accoglimento infine, possono classificarsi in base alla tecnica di incisione applicata dalla Corte rispetto alle disposizioni sottoposte a controllo.

8.2. In base all'esito del giudizio: sentenze di accoglimento vs sentenze di rigetto
La principale distinzione delle decisioni di merito è tra sentenze di accoglimento e sentenze di rigetto: nelle prime la Corte accoglie il giudizio di illegittimità costituzionale, nelle seconde lo respinge. Il giudizio della Corte è un giudizio comparativo, nel quale si applica il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, vale a dire la decisione deve essere contenuta nei limiti dell'impugnazione. Vi è un eccezione: le sentenze della Corte possono dichiarare l'illegittimità consequenziale, oltre che delle norme impugnate, di altre norme indicate nell'ordinanza di remissione o nel ricorso diretto, la cui invalidità deriva come conseguenza della decisione di accoglimento della questione proposta. 

8.3. In base al percorso seguito: le sentenze interpretative
Una seconda classificazione delle decisioni di merito si fonda sulla distinzione tra disposizione e norma e si parla di sentenze interpretative: sono quelle in cui il rigetto (interpretative di rigetto) o l'accoglimento (interpretative di accoglimento) dipende da quale norma, fra diverse possibili, la Corte ricava dal testo sottoposto al suo esame.
  • Sentenza interpretativa di accoglimento. La Corte costituzionale giudica fondata la questione e dichiara l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, in quanto tra le molteplici norme che la disposizione è suscettibile di esprimere venga dato rilievo ad una di esse.
  • Sentenza interpretativa di rigetto. La Corte ritiene infondata la questione di legittimità in quanto dalla disposizione impugnata dà rilievo ad una norma che elimina il dubbio di costituzionalità. 
In sintesi: i due tipi di sentenze interpretative hanno entrambe uno schema comune, dato che implicano una duplice possibilità di decisione, perché da una stessa disposizione si possono ricavare (almeno) due norme alternative, una conforme a una in contrasto con la Costituzione. Nel caso dell'interpretativa di rigetto, la Corte salva il testo dell'atto legislativo impugnato dando rilievo alla norma conforme alla Costituzione; nel caso dell' interpretativa di accoglimento, invece, il giudice costituzionale ne dichiara l'illegittimità costituzionale dando rilievo alla norma contrastante con la Costituzione. 

8.4. In base alla tecnica di incisione: le sentenze di accoglimento “manipolative”
Questa classificazione comprende solo sentenze di accoglimento, chiamate sentenze ad effetto manipolativo. Con “effetto manipolativo” si suggerisce il fatto che esse producono vere e proprie innovazioni nel sistema normativo: la Corte non si limita a eliminare la disposizione legislativa sottoposta al suo vaglio, ma la trasforma, la adegua, la integra. Questo tipo di sentenze ha suscitato perplessità fra gli studiosi e, soprattutto, ha talora causato difficoltà sia nei rapporti tra Corte e magistratura: la Corte sembra supplire al legislatore.
  • Sentenze di accoglimento parziale (o ablative). La Corte accoglie la questione dichiarando illegittima:
  • solo una parte della disposizione: la Corte riduce il testo di una prescrizione normativo limitatamente a determinate parole o comuni di un articolo (manipolazione sul testo di legge);
  • uno dei possibili significati (norme) ricavabili da essa: la Corte dichiara illegittima solo di una di queste norme; il testo viene ridotto nel numero delle interpretazioni possibili (manipolazione sulle norme ricavabili dal testo). 
  • Sentenze sostitutive. Costituiscono un’ipotesi intermedia tra le parziali e le additive in quanto la Corte dichiara illegittima una certa norma, che viene eliminata (come nelle parziali), e contemporaneamente la sostituisce con un altra norma, che essa individua nella sentenza e aggiunge al testo (come nelle additive). Qui la Corte manipola il testo di legge, cancellando il significato incostituzionale ed aggiungendo un nuovo legittimo, colmando il vuoto che verrebbe a determinarsi. 
  • Sentenze additive o aggiuntive. Sono quelle decisioni che dichiararono illegittima una disposizione nella parte in cui non prevede una certa norma la cui esistenza è necessaria per rispettare la Costituzione, e che viene aggiunta al testo della Corte. 
  • Sentenze additive di principio. Questo tipo di indecisioni mitiga gli effetti delle additive semplici. La Corte vi ha fatto ricorso per limitare il rischio di toccare le prerogative del Parlamento (sostituirsi all’esercizio della funzione legislativa). Le additive di principio, infatti, si limitano ad individuare il principio generale in base al quale una certa materia va disciplinata: non impongono una disciplina specifica, immediatamente applicabile, ma lasciano al legislatore la possibilità di scegliere come attuare quel principio.

8.5. Le sentenze monito
Infine la Corte costituzionale talvolta, utilizza la motivazione delle sue decisioni per una sorta di dialogo con il legislatore, nel senso che vi include suggerimenti più o meno espliciti se non di specifiche soluzioni legislative, quanto meno di criteri in base ai quali elaborarle: si è parlato in casi del genere di sentenze monito, decisioni (per lo più di rigetto) che contengono anche auspici, sollecitazioni, indicazioni rivolti al Parlamento. 

9. I GIUDIZI SULLE LEGGI: GLI EFFETTI DELLA DICHIARAZIONE DI LEGITTIMITÀ
Le sentenze di accoglimento hanno una portata generale o obiettiva (erga omnes) che incide direttamente sul piano delle fonti del diritto. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136.1 Cost). Inoltre, le decisioni della corte sono inoppugnabili (art. 137.3 Cost.), che pertanto costituiscono res iudicata irretrattabile. 
L'art. 136.1 sembra indicare un’efficacia solo pro futuro delle decisioni d'incostituzionalità (al pari dell'effetto abrogativo nel rapporto fra leggi), nel senso che essa non si applicherebbe ai fatti sorti sulla base della legge impugnata prima della pubblicazione della sentenza della Corte. Tuttavia, l'art. 30.3 della l. 87/1953 precisa che “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisone”. Ne consegue che alla sentenza di incostituzionalità vanno riconosciuti alcuni limitati effetti retroattivi (in maniera analoga all'istituto dell'annullamento che colpisce un atto fin dalla sua origine): essa opera nei confronti di rapporti giuridici pendenti e non vale nei confronti di rapporti esauriti.
Si è di fronte a “rapporti esauriti” nel caso di:
  1. sentenza passata in giudicato, ossia quando una controversia giudiziari è stata definita con una decisione che non è più soggetta ad alcun mezzo d'impugnazione;
  2. nel caso di diritti estinti per prescrizione, ossia in regione dell'inerzia nell'esercizio di un diritto protrarsi per il tempo stabilito della legge;
  3. nel caso di decadenza dell'esercizio di un potere che ai, sensi della legislazione vigente, non può più essere fatto valere.
In tutti questi casi l'ordinamento tutela prima di ogni altro il valore della certezza del diritto connesso ai fenomeni del giudicato, della prescrizione e della decadenza.
Ma il principio di intangibilità del giudicato è derogato nell'ipotesi di sentenze penali di condanna, anche se irrevocabili. Allorché sia stata pronunciata una sentenza di questo tipo sulla base di una legge dichiarata in seguito costituzionalmente illegittima, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali. In questo caso, il principio della certezza dl diritto cede di fronte al superiore principio del favor libertatis
A differenza di quanto è previsto in altri ordinamenti, non è consentito alla corte Costituzionale di disporre in ordine agli effetti nel tempo (sia per il passato sia per il futuro) delle proprie decisioni.
10. I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE: TIPOLOGIA
La Corte costituzionale giudica altresì sui “conflitti di attribuzione tra i poteri Stato e su quelli tra lo Stato e le regioni e tra le regioni” (art. 134 Cost.). Sul piano soggettivo, i conflitti possono classificarsi in due categorie:
  1. conflitti tra i poteri dello Stato, ossia tra i poteri appartenenti al medesimo soggetto (lo Stato), definiti conflitti interorganici;
  2. conflitti tra Stato e regioni o tra regioni, ossia tra soggetti costituzionali diversi e dotati di personalità giuridica distinta, definiti conflitti intersoggettivi
Sul piano oggettivo, invece, il giudizio della Corte costituzionale concerne non già legittimità costituzionale di un atto legislativo come nel giudizio sulle leggi, bensì la delimitazione della sfera di attribuzioni costituzionalmente spettante agli organi e ai soggetti costituzionali. Il conflitto può avere per oggetto:
  1. la titolarità di una competenza che ciascun organo o soggetto in conflitto rivendica come propria (vindicatio potestatis);
  2. lillegittimo esercizio di una competenza da parte di un organo o soggetto cui consegue la menomazione della sfera di attribuzione di altro organo o soggetto (cattivo uso del potere).
La Corte costituzionale risolve il conflitto stabilendo, nel primo caso, a chi spetta la titolarità della competenza, nel secondo caso, come essa deve essere esercitata.
Il reparto delle competenze può essere violato da un qualsiasi fatto o atto, posto in essere da un organo o da un soggetto costituzionale, sia commissivo (facere), sia omissivo (non facere). Quando è stato emanato un atto formale viziato da incompetenza la Corte lo annulla contestualmente alla dichiarazione sulla titolarità o sul modo di esercizio delle attribuzioni in contestazione. In ogni caso il conflitto presuppone un atto, un comportamento, una dichiarazione, un'omissione di un organo o di un soggetto dai quali possa conseguire una lesione in concreto alle attribuzioni di un altro organo o soggetto, sicché la parte lesa, per poter attivare il giudizio della Corte, deve avere interesse a ricorrere, ossia l'interesse ad ottenere una pronuncia nel merito di una controversia attuale. La sussistenza dell'interesse ad agire è condizione necessaria e sufficiente a conferire al conflitto gli indispensabili caratteri della concretezza e dell'attualità. A questo fine è necessario che il ricorrente alleghi fatti costitutivi e le ragioni del conflitto.
Ogni tipo di conflitto da luogo a un giudizio di parti, cioè un giudizio che si instaura e si mantiene fino a decisione, per esclusiva iniziativa di parte. I conflitti di attribuzione si estinguono quindi per effetto della rinuncia del ricorrente accettata dal resistente.
11. I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA I POTERI DELLO STATO
Il conflitto tra poteri dello Stato è risolto dalla Corte costituzionale se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà dei poteri cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali. Così la legge distingue i conflitti costituzionali dai conflitti che attengono alla delimitazione della giurisdizione ordinaria e delle giurisdizioni speciali, i quali sono regolati dalle sezioni unite della Corte di cassazione
È possibile distinguere:
  • i conflitti tra poteri: riguardano organi costituzionali superiorem non recognoscentes, e per tale ragione sono affidati al giudizio della Corte costituzionale quale organo di garanzia super partes;
  • i conflitti di competenza tra organi all’interno dello stesso potere: sono quelli la cui risoluzione è affidata ad organi appartenenti al medesimo potere.
Nei conflitti fra i poteri dello Stato, le parti del conflitto sono non predeterminate. La determinazione è affidata alla Corte costituzionale. Essa deve stabilire in via preliminare (giudizio preventivo di ammissibilità del conflitto) se esiste “materia del conflitto”, individuando quali sono i poteri dello Stato (profilo soggettivo) e quali sono le attribuzioni la cui tutela può essere invocata innanzi al giudice costituzionale (profilo oggettivo).

1. Profilo soggettivo
Sotto il profilo soggettivo non è sufficiente far riferimento alla teoria della separazione dei poteri e individuare le parti del conflitto nei tradizionali poteri legislativo, esecutivo, giudiziario. Diventa decisivo il criterio fissato dalla legge: i poteri sono gli organi competenti a dichiarare in via definitiva la volontà dei poteri cui appartengono, ossia gli organi costituzionali che, all’interno di un determinato potere, sono abilitati a produrre decisioni autonome e indipendenti, tali da impegnare l’intero potere cui appartengono.

Potere legislativo. All’interno del potere legislativo, decisioni impegnative dell’intero potere possono essere prese da:
  • Camera dei deputati;
  • Senato della Repubblica;
  • commissioni in sede deliberante;
  • commissioni parlamentari d’inchiesta;
  • commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
  • alcuni ritengono anche i singoli parlamentari, ma la Corte ha sempre escluso che questo costituisca un organo-potere.

Potere esecutivo. Nell’ambito del potere esecutivo il ruolo vertice spetta al governo nella sua interezza. Altri organi che possono manifestare la volontà dell’esecutivo sono:
  • il Presidente del Consiglio dei ministri;
  • il ministro della giustizia (in relazione alle competenze afferenti al proprio dicastero e alla titolarità dell’azione disciplinare contro i magistrati);
  • gli altri ministri non sono legittimati salvo i casi in cui la responsabilità individuale per gli atti dei rispettivi dicasteri sia fatta valere dalle Camere con mozione di sfiducia individuale che non coinvolga l’indirizzo politico dell’intero governo.

Potere giurisdizionale. La situazione per questo potere è più complessa poiché l’ordine giudiziario non è organizzato gerarchicamente. Sono inclusi:
  • la Corte dei conti (nell’esercizio della funzione di giurisdizione contabile e come potere diffuso, sicché ogni giudice che pronuncia sentenze che possono diventare definitive, può con ciò impegnare l’intero potere cui appartiene, configurandosi come organo-potere);
  • ciascun giudice (per la tutela della funzione giurisdizionale);
  • pubblico ministero (quanto all’esercizio dell’azione penale ex art. 112 Cost.);
  • il “tribunale dei ministri”, collegio inquirente nei procedimenti per i reati ministeriali ex art. 96 Cost.;
  • il Csm (in relazione alle sue attribuzioni riguardanti lo status dei magistrati).
Poteri dello Stato sono altresì quegli organi in quanto dotati di attribuzioni costituzionali proprie, sono qualificati come “poteri-organo”: il Presidente della Repubblica e la Corte costituzionale. Vengono anche considerati gli elettori firmatari di una richiesta di referendum abrogativo ex art. 75 Cost. istituzionalmente rappresentanti dal comitato promotore.

2. Profilo oggettivo
Sotto il profilo oggettivo, i conflitti tra poteri riguardano attribuzioni determinate da norme costituzionali. Non qualsiasi attribuzione può essere tutelata innanzi alla Corte, ma solamente quelle costituzionalmente rilevanti (anche se non espresse formalmente da disposizioni costituzionali, sono tali da integrare e sviluppare il quadro organizzativo della Costituzione: si dice che hanno tono costituzionale).

La Corte costituzionale ha anche ammesso il conflitto tra poteri per atti legislativi. Esiste la possibilità di sollevare conflitto tra poteri in relazione all’adozione di un atto legislativo tutte le volte in cui lo strumento del conflitto costituisce, rispetto al giudizio di legittimità, un mezzo di tutela immediato ed efficace, specialmente quando siano in gioco diritti fondamentali (la Corte quindi opera nella giurisdizione costituzionale sui conflitti, e non nella giurisdizione sulla legittimità delle leggi). La Corte ha esteso il conflitto tra poteri a tutti gli atti legislativi, stabilendo che giudizio di legittimità e conflitto tra poteri costituiscono mezzi concorrenti di tutela più immediato ed efficace, specialmente quando siano in gioco diritti fondamentali.
Successivamente la Corte ha esteso il conflitto tra i poteri a tutti gli atti legislativi, stabilendo che giudizio di legittimità e conflitto tra poteri costituiscono mezzi concorrenti di tutela: il primo con valore generale, il secondo come mezzo di tutela residuale, attivabile quando non sussista altra possibilità.

Il giudizio innanzi alla Corte costituzionale si divide in due fasi:
  1. il giudizio preliminare sull’ammissibilità del conflitto, che si apre su ricorso dell’organo interessato senza termine di decadenza, ed è diretto ad accertare, in camera di consiglio e senza contraddittorio, se prima facie sussiste materia di conflitto sotto i profili soggettivo e oggettivo; l’ordinanza che dichiara ammissibile il conflitto, tuttavia, non precostituisce il giudizio nel merito, ne preclude che la Corte possa ribaltare anche questa valutazione di ammissibilità; con la stessa ordinanza la Corte dispone la notificazione agli organi interessati la cui costituzione in giudizio è condizione di procedibilità nel merito.
  2. il giudizio nel merito, che si svolge tra le parti prefigurate dall’ordinanza di ammissibilità; la Corte, previa nuova valutazione di ammissibilità, risolve il conflitto dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni contestate e, ove sia stato emanato un atto, lo annulla con sentenza.

12. I CONFLITTI DI ATTRIBUZIONE TRA STATO E REGIONI
A differenza dei conflitti interorganici, nei conflitti intersoggettivi il giudizio è tra parti determinate: lo Stato e le regioni. Lo Stato e le regioni possono ricorrere per la tutela di attribuzioni costituzionalmente rilevanti, stabilite non solamente da norme costituzionali, ma anche dagli statuti regionali, dai decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni speciali, nonché dai decreti legislativi di trasferimento delle funzioni dello Stato alle regioni.
Al di fuori degli atti legislativi, qualsiasi atto è idoneo a determinare materia di conflitto purché sia tale da comportare una lesione in concreto di attribuzioni costituzionalmente rilevanti: atti politici, regolamenti, atti amministrativi, dichiarazioni, comunicazioni, sentenze, note. Il ricorso deve indicare come sorge il conflitto di attribuzione e specificare l’atto dal quale sarebbe stata invasa la competenza, nonché le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono inviolate. Può contenere anche la richiesta di sospensiva dell’atto stesso, qualora ricorrano il fumus boni iuris (vi è almeno la verosimiglianza del diritto ancorché la sua esistenza debba ancora essere accertata) e il periculum in mora (il rischio che i tempi del procedimento possano rendere vana la decisione se non si interviene a titolo appunto cautelare). La Corte decide con ordinanza sulla richiesta sospensiva, con sentenza sul merito della controversia, eventualmente annullando l’atto invasivo.

13. IL GIUDIZIO SULLE ACCUSE (RINVIO CAP. 12)
Alla Corte è attribuita la delicatissima funzione di giudicare delle accuse mosse dal Parlamento in seduta comune al presidente della Repubblica in base all’art. 90 Cost. Va ricordata la composizione integrata della Corte nel giudizio successivo all’accusa parlamentare: questa integrazione potrebbe in astratto permettere che la decisione finale sia presa dai membri laici (16), se tutti concordi fra loro, anche contro l’opinione dei giudici costituzionali (15), quasi a garantire comunque la prevalenza di un giudizio politico.

  1. IL GIUDIZIO DI AMMISSIBILITÀ DEL REFERENDUM ABROGATIVO (RINVIO CAP. 10)
Spetta alla Corte costituzionale giudicare se le richieste di referendum abrogativo presentate a norma dell’art. 75 Cost. siano ammissibili. Il suo compito non è giudicare la conformità della legge del processo referendario (che spetta invece all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione), ma accertare che la richiesta non incorre in uno dei limiti di ammissibilità stabiliti dalla Costituzione e dalla giurisprudenza della Corte.